La comunicazione IN Agape

Concludiamo questa serie di domande sperando che siano state uno spunto interessante anche per chi non ha partecipato alla “diretta” del 30 agosto, ma ha partecipato qui, sulle pagine del sito. Ogni commenti ricevuto è stato prezioso e speriamo che la comunicazione bilaterale attraverso il sito si sviluppi sempre di più! L’ultima domanda riguarda una questione interna:

La comunicazione tra tutte le parti di Agape è necessaria?
È stata rilevata la natura duplice di questo tipo di comunicazione: per essa si intende tanto lo scambio di informazioni necessario al funzionamento di Agape come struttura ricettiva, quanto ciò che dona al Centro la propria peculiarità, nei termini di ascolto, comprensione e scambio. Si è lamentata la mancanza di una spiegazione del progetto di Agape in alcuni campi e come questa mancanza ne abbia minato l’atmosfera generale: chi arriva per la prima volta affronta alcune difficoltà per entrare nei meccanismi e nel linguaggio di Agape: la presentazione del progetto dovrebbe essere, quindi, un momento istituzionalizzato anche nei campi adulti.

Sebbene si sia tutti e tutte d’accordo sulla necessità della comunicazione fra le parti, alcune persone rilevano un’insistenza eccessiva su questo bisogno, che ha come conseguenza l’allungamento dei tempi decisionali, in attesa che tutti e tutte esprimano la propria posizione.

Il linguaggio agapino

Continuiamo con la pubblicazione di alcuni interessanti spunti estrapolati dalla discussione svoltasi all’AAACE 2014. Questa settimana ci concentriamo sul linguaggio Agapino domandandoci se…

Esiste ancora un linguaggio prettamente agapino?
Come linguaggio agapino alcuni intendono anche in senso lato un tipo di approccio, di ascolto e di relazione verso l’altro che è tipico di Agape e l’assemblea era omogeneamente divisa su questa questione. Alcuni sostengono che le modalità quotidiane di Agape forse un tempo potevano essere considerate molto all’avanguardia come per esempio il linguaggio inclusivo, dopodiché, a oggi, per fortuna, moltissime modalità di ascolto, di accoglienza e di accettazione dell’altro si trovano anche fuori, in altre realtà e in altre dimensioni e quindi non c’è un linguaggio prettamente agapino perché il vivere agapino lo si trova anche fuori di Agape e deve essere portato fuori di Agape, perché questo linguaggio deve far parte di noi nella pratica di ogni giorno. Si può apprendere ad Agape, ma non deve rimanere prettamente di Agape. Dall’altra parte dello schieramento non si vuole negare l’esistenza di modalità di linguaggio agapine anche al di fuori di Agape, ma questo non impedisce di parlare di un linguaggio agapino. Inoltre Agape è una comunità e il linguaggio costruisce un’identità della comunità e quindi è vero che esiste un linguaggio agapino perché fa parte dell’identità agapina. In risposta però si sostiene che allora così bisognerebbe parlare di linguaggio di campo perché ogni campo crea una propria identità e un proprio linguaggio e si rischia di arrivare ad una situazione troppo specifica. Un fattore da prendere in considerazione è anche la propria esperienza personale ad Agape perché chi ha cominciato fin da bambino a frequentare Agape, riconosce un certo linguaggio agapino perché è lì che l’ha imparato, mentre altre persone che invece hanno una storia più breve, sentono una certa mancanza di qualcosa, ma per quanto riguarda il linguaggio riconoscono che alcune cose le avevano già imparate da altre parti.

Quando invece il discorso si concentra più che altro sul lessico, allora la fazione del sì si ripopola un pochino, alcune parole come la staff e il servizio creano un poco di incomprensione in alcuni contesti rispetto a qualcosa di cui si sta parlando: se si racconta un fatto agapino spesso la gente attorno che ascolta non capisce nonostante sia un gruppo di amici perché si cerare proprio un’incomprensione di tipo lessicale.