Quando i residenti fanno la Retraite

Poco dopo l’arrivo di tutti i membri del nuovo gruppo residenti, c’è una settimana speciale. La retraite! È una settimana che serve per conoscere gli altri e le altre e anche Agape. Serve anche a stabilire alcuni obiettivi e decidere in che settore lavorare.

La sera prima della retraite era già importante, perché abbiamo conosciuto alcuni amici di Agape. Per me è stato un ottimo inizio della retraite, perché Agape non è solo un luogo, ma anche la gente. Quello è stato il modo migliore per impararlo. In seguito abbiamo dato il benvenuto all’ultimo membro del gruppo: Steven!

Finalmente eravamo tutti e tutte insieme. Abbiamo iniziato ogni giornata con una breve meditazione. È stato un buon modo per cominciare il giorno, soprattutto perché la retraite serve anche a capire cosa vuoi veramente da quest’anno.

Tra le varie cose da imparare sulla struttura di Agape (il che è stato complicato, un po’ noioso ma molto importante), siamo anche uscit* insieme per divertirci un po’, per esempio per raccogliere castagne (in realtà è finita con chiacchiere sotto il sole 😉 non era ancora il momento per le castagne). Siamo anche andat* insieme alla corale. È stato molto interessante conoscere gente di Prali. Molti e molte di noi hanno deciso di unirsi alla corale, a testimonianza di quanto sia piaciuta questa serata.

Una parte importante, per chi non si trova spesso in Italia, è conoscere il cibo. Quindi abbiamo anche passato un po’ di tempo per farlo, andando a mangiare in un ristorante. Pizza e birra sul divano mentre si guarda un film (che abbiamo deciso insieme, cosa difficile!): una combinazione perfetta!

Una parte grande durante la retraite, e per me la più importante, è stata conoscere gli altri e le altre. Abbiamo fatto molte cose come lavori di gruppo. Ogni residente si è guardato dentro e poi si è presentato/a. È una cosa difficile condividere cose private con persone che si conoscono da poco tempo. È stato emozionante, ma penso che dopo ci conoscevamo tutt* meglio. Mi sono sentita più connessa con gli altri residenti, e ho sentito meno “muri” tra di noi, “muri” che è normale avere, quando si incontrano persone sconosciute. I giochi sulla fiducia sono stati difficili ma sono serviti a costruire sicurezza nel gruppo.

Dopo esserci conosciuti e conosciute meglio, il passo successivo era decidere come si svolgerà il prossimo anno. Abbiamo parlato dei  nostri obiettivi e condiviso le nostre speranze e paure. Di nuovo è stato difficile aprirsi in questo modo, ma anche incoraggiante, perché ci siamo aiutat* a vicenda per la loro gestione. “fiera della mucca” è il nome che è stato dato alla parte in cui abbiamo deciso chi lavorerà dove. Un buon nome che parla da sé. 😛

Con l’ultimo giorno di retraite abbiamo iniziato la routine futura: assemblea e pulizie di casa residenti. Un lavoro settimanale.

In fine posso dire che per me la retraite è stata un buon modo per approcciarmi a tutte queste cose. Benché sia stata a volte molto emozionale, e a tratti poco interessante, è stata una settimana molto importante. Ci siamo sentit* tutt* più conness* e in questo momento è nato uno spirito di gruppo. In seguito, credo, abbiamo iniziato a capirci meglio, e sono sicura che, durante l’anno, riusciremo a trovare insieme le soluzioni ai problemi. Ora siamo il “gruppo residenti” e ora (soprattutto dopo la retraite) sono sicura che venire qui sia stata una delle migliori decisioni della mia (ancora corta 😉 ) vita.

Ciao a tutti,

Victoria.

La realtà sospesa di Agape

Il volto di Cristo e il Regno di Dio

Ogni storia comincia con qualcosa. La storia di Agape comincia con Tullio Vinay: Scolpiamo sulle rocce dei nostri monti il volto di Cristo – con queste parole viene avviato il progetto Agape. Il Centro Ecumenico Agape nel suo aspetto fisico ha preso forma ormai da tanto tempo; Agape è scolpito nei monti, esiste. Anche la nostra personale storia di Agape comincia lì, nei monti, tra i suoi muri. Ci scorgiamo però il volto di Cristo, il pensiero iniziale? Vediamo in Agape la testimonianza di Dio nel nostro mondo?

Probabilmente durante la sua costruzione si vedeva questa testimonianza incisa nei suoi muri, quando dava a centinaia di giovani donne e uomini la possibilità di realizzare qualcosa più grande della propria realtà. Non costruivano Agape, ma costruivano la propria comunità, che era un’utopia, un’idea senza luogo che rendeva visibile la presenza di un Dio che ama. Nonostante questa comunità si fosse costruita dei muri e un tetto per essere ospitata, era rimasta un’utopia in costruzione, un outopos: se voleva essere segno visibile della presenza di Dio, non si poteva fermare con la costruzione dei muri ma doveva indicare qualcosa oltre se stessa: un mondo migliore ancora da definire.

Se parliamo oggi della visibilità del volto di Cristo, non possiamo fare altro che usare questi termini: poter rendere visibile il pensiero iniziale di Agape creando un luogo dove tutti e tutte coloro che ardono per Agape possano costruire la loro comunità – nella consapevolezza che la comunità non è soltanto obiettivo, ma messaggio e mezzo per raggiungere un obiettivo al di là del visibile. Il messaggio è un Dio che ama e un mondo da amare; l’obiettivo è il mondo migliore ancora da definire, il Regno di Dio come promesso da Gesù, ancora non visibile – ma sempre presente, nel sogno e nell’obiettivo comune, come una scintilla ardente. Ogni tanto riusciamo a vedere questa scintilla, nelle varie realtà di Agape e ci innamoriamo di quel qualcosa da definire. Di questo nostro amore e di questa nostra storia di Agape vorremmo raccontarvi oggi.

 

Lo spirito di Agape

Venendo ad Agape per la prima volta sentiamo una magia – o spiritualità, o comunità, insomma qualcosa – e cerchiamo delle parole per descriverlo, trovando queste parole nel cosiddetto “spirito di Agape”. Chiamiamo “spirito di Agape” quello che ci fa tornare ad Agape una volta messo piede sulle sue rocce. Tanto è facile evocare lo spirito di Agape, quanto è intangibile nel momento in cui lo vogliamo definire: sembra una entità astratta, perché non è collocabile, né nel Gruppo Residente, né nel Campolavoro, né nelle staff, né nei comitati. Così come non si può spiegare Agape soltanto con il luogo visibile ma dovendo aggiungere la somma delle idee trattate, delle persone presenti e ancora qualcosa in più, così è onnicomprensivo anche lo spirito che aderisce a questo posto: legato a ogni persona che costruisce Agape con il proprio servizio, le proprie idee e ancora qualcosa in più.

Da questo pensiero vediamo affluire l’illimitatezza di noi stessi: sentiamo di poterci fare coinvolgere nelle diverse realtà di Agape e in queste possibilità vediamo la promessa di poter essere noi stessi, cioè di realizzare noi stessi all’interno di una struttura che ce lo permette. In questi termini, la frase costitutiva di Agape, scritta nella Chiesa all’Aperto – L’amore non verrà mai meno (1Cor 13,8) – ci suona come la seducente promessa immensa e infinita di libertà. E ci godiamo questa libertà con tanti altri e tante altre, ci godiamo la piacevole rassicurazione che Agape è il nostro sogno, aperto alle nostre idee e alle nostre esigenze.

Quel sogno ci accoglie e comincia ad assorbire il nostro entusiasmo autocentrato. Pian piano capiamo che Agape non è il nostro sogno. È qualcosa di molto diverso e al contempo simile: è il sogno altrui. Con questa rivelazione la nostra esaltazione lascia spazio a qualcosa al di là di noi stessi e noi stesse: ci rendiamo conto della concezione utopica di Agape; cominciamo a vedere Agape come mezzo per una realtà oltre di noi. Ed è qui che la promessa di libertà cambia radicalmente: è ancora immensa, ma immensa nelle possibilità che richiedono il nostro impegno. È ancora infinita, ma infinita nei termini della nostra finitezza nel poter contribuire.

Più di voler essere accogliente per tutte e tutti, il concetto dello spirito di Agape comincia quindi a essere una chiamata all’ordine: cosa porto veramente ad Agape? Adatto Agape a un sogno mio e alle esigenze mie o mi adatto al sogno di Agape e alle sue esigenze? Il sogno di Agape non è più una fuga dal mondo, il posto per trovarmi ed essere me stesso, me stessa. Tuttavia sentiamo profondamente l’impatto di queste due domande sulla nostra esistenza, cambiano il significato che Agape ha per noi e ci cambiano la vita, perché cambiano la nostra prospettiva sul mondo.

 

Agape come mezzo: fede per chi crede e per chi non crede

Il più grande impatto di Agape lo vediamo nella persona di fronte a noi: non è più l’altro, l’altra ma è nostro fratello, nostra sorella, è nostra madre, nostro padre, è nostro figlio, nostra figlia. Vediamo agire questa persona e sappiamo che il suo agire è radicato profondamente in quello che non riusciamo a vedere – cerchiamo almeno di leggerla con questa ottica, sapendo che le nostre azioni sono le prime ad aver bisogno di una tale lettura. Sentiamo parlare questa persona e sappiamo che nel suo parlare risuona ciò che non riusciamo a sentire – proviamo almeno ad ascoltarla in questo modo, sapendo che le nostre parole sono le prime ad aver bisogno di un tale ascolto. Intravediamo la scelta di questa persona e sappiamo che le sue ragioni sono molto più ampie del nostro giudizio – vogliamo almeno valutarle con questa ragione, sapendo che le nostre scelte sono le prime da mettere sotto un giudizio clemente.

Tentando un tale punto di vista corriamo un rischio, perché questo ci mette in una posizione di debolezza. Fidandoci senza condizioni di una persona che non conosciamo, ci togliamo tutte le armi di difesa. Il nostro cuore aperto è la premessa per accogliere ciò che è nascosto, ma il nostro cuore aperto è anche una ferita: una volta aperto alla persona di fronte a noi non possiamo più chiuderlo. Siamo scoperti quando non si tenta di leggere la profondità delle nostre azioni, quando non si tenta di ascoltare la risonanza delle nostre parole, quando non si tenta di valutare le nostre scelte con clemenza. Questa debolezza però è indispensabile per un dialogo non legato al visibile ma al possibile, ci è richiesta in quanto la comunità di Agape si è creata con l’apertura dei nostri cuori, ci è permessa in quanto la comunità di Agape si è consolidata proteggendo chi apre il proprio cuore; e la comunità, costituita nuovamente in ogni singolo momento di debolezza, ci dà la forza di continuare e di offrirle il meglio di noi.

L’utopia per noi comincia a esprimersi nel nostro modo di guardare, ascoltare, valutare; tramite la nostra debolezza diamo possibilità a una realtà nuova: la fiducia nella persona di fronte a me diventa la fede che nel mondo viva il bene, la fede che la creazione sia voluta buona. E questa fede ci cambia la vita, perché ci dà un cuore nuovo, uno spirito nuovo: ci dà un cuor vivo (Ez 36,26). Permettendoci di vivere con questo cuor vivo e aperto, ferito e non difendibile, e accettando la nostra debolezza, la realtà nuova che creiamo in ogni momento diventa un mondo migliore. E dando questo contributo, credente o no, il Regno di Dio comincia a scintillare nel nostro amore e nell’amore altrui.

 

Agape come messaggio: speranza portata al mondo

Agape ha cambiato, quindi, il nostro punto di vista. Abbiamo anche scoperto che Agape ha un punto di vista proprio, condiviso: anche questo punto di vista è caratterizzato dalla tensione tra ciò che è visibile e ciò che non è visibile. Abbiamo visto che Agape, durante la propria esistenza, ha sviluppato un approccio verso le persone basato su quello che la persona porta in sé come potenzialità: ci rivolgiamo più a ciò che è possibile che a ciò che appare. Fidandoci della promessa e della possibilità del mondo migliore, dell’utopia, ad Agape sperimentiamo il tentativo di vedere in chi arriva la promessa di ciò che non c’è ancora.

Agape cambia il nostro punto di vista e, al contempo, ci fa sentire che il punto di vista su di noi è profondamente cambiato: Agape si è messo sul nostro cuore come un sigillo (Ca 8,6), ci ha messo in un contesto nuovo. Quel nuovo contesto, vedere nella nostra vita la possibilità dell’utopia, la scintilla del Regno di Dio, ci fa diventare un messaggio: non siamo più diretti a noi stessi, dirette a noi stesse, ma al mondo migliore; non siamo più chi siamo, ma chi possiamo essere. Troviamo le impronte di quel sigillo in noi e negli altri e altre e vediamo che queste impronte sono rivolte al futuro, al nostro e quello delle altre e degli altri.

Viviamo le impronte di Agape come un segno, un segno invisibile. Ci identifica come parte necessaria di una comunità: non siamo soli in quello che facciamo e non cerchiamo noi stessi e noi stesse in quel che facciamo, bensì gli altri e le altre. Questo segno ci identifica, però, anche come persone delegate di questa comunità: non facciamo quel che facciamo per noi stesse e noi stessi, ma per un futuro possibile, per una persona possibile, per un mondo possibile. Il segno di Agape ci chiama a rivolgerci non a noi o soltanto alla nostra comunità, ma verso qualcosa più grande di noi e della nostra comunità: l’impronta di Agape che ci ha segnato per tutta la nostra vita, che ha cambiato il nostro punto di vista, che ci ha permesso di vederci nelle nostre possibilità, è il messaggio che portiamo al mondo con piedi simili a quelli delle cerve negli alti luoghi (Sal 18,33). Vediamo che il sigillo non è soltanto sul nostro cuore ma anche sul nostro braccio, e capiamo che non abbiamo deciso di portarlo ma che siamo stati chiamati e state chiamate a vedere un mondo possibile.

 

Agape come obiettivo: l’amore nella comunità

Il mondo possibile, però, non esiste. Proviamo a dargli forma, luogo, visibilità nella nostra comunità, ma non esiste ancora. La nostra comunità, con tutto il suo entusiasmo, il suo amore, i suoi sogni, è realtà. È parte del mondo come tutto ciò che vogliamo far evolvere, tutto ciò che vogliamo superare, tutto ciò che vogliamo abbandonare. La realtà di Agape è fragile e noi viviamo in una realtà fragile anche se siamo indirizzati verso il mondo migliore. Dobbiamo reagire a questa realtà che non è l’utopia sognata, facciamo parte del mondo che non è il Regno di Dio.

Abbiamo visto, però, una scintilla di ciò che non siamo; abbiamo visto la città posta sopra un monte (Mt 5,14). Abbiamo visto la scintilla e ci siamo sentite chiamate e chiamati a cercarla, ad accoglierla nella fragile realtà di Agape. Quando ci siamo innamorati del sogno che unisce la comunità abbiamo accettato la promessa di cercarlo, di renderlo possibile. E questa promessa ci ha fatto nascere la speranza, una speranza delicata, che dobbiamo ritrovare ogni giorno di nuovo: che il fallimento, il fallimento continuo non ci allontana dal nostro sogno ma ci avvicina a esso.

Per amor di Sion io non tacerò, per amor di Gerusalemme io non mi darò posa, finché la sua giustizia non spunti come l’aurora, la sua salvezza come una fiaccola fiammeggiante (Is 62,1): La nostra storia d’amore ha avuto un inizio, tanti inizi – ma una fine non ce l’ha. È diventata l’entità plasmante della nostra vita. Abbiamo sentito una chiamata e la seguiamo: fallendo, dovendo stare nella realtà e non nei nostri sogni, ma pieni e piene di amore per quello che facciamo, cercando di avvicinarci a quello che abbiamo visto insieme.

 

Agape: una storia d’amore

Ogni storia comincia con qualcosa. Con un momento, un pensiero, uno sguardo. Siamo arrivati ad Agape e abbiamo imparato a vedere il possibile, abbiamo trovato un posto che dava luogo a ciò che non aveva un luogo. Ad Agape abbiamo vissuto la testimonianza di un futuro da costruire, abbiamo visto una scintilla di un’idea grande che ci attira e abbiamo sentito lo spirito di una realtà possibile che ci spinge; ne abbiamo trovato tracce sui nostri cuori, abbiamo trovato un segno del Regno di Dio.

Sono tanti gli inizi che abbiamo trovato per cominciare la nostra storia d’amore con Agape e ogni inizio è prezioso in quanto ci ricorda in un solo momento tutto l’amore per questo posto e la sua comunità. È prezioso nei momenti pesanti, quando ci sembra di portare tutto il peso della realtà sulle spalle senza poter neanche immaginare un sollievo. È prezioso nei momenti di debolezza, quando ci sembrano infinitamente distanti il sogno che ci chiama e la nostra esistenza. È prezioso quando le tracce dell’amore nei nostri cuori sembrano soltanto ferite, quando la nostra chiamata sembra segnare non i nostri sogni ma la nostra vita.

Ha tanti inizi la storia d’amore con Agape. È una storia piena di fallimenti, di debolezza e di limiti. Ma abbiamo visto come il nostro fallimento si è trasformato in una nuova possibilità, abbiamo visto come la nostra debolezza ha rinforzato la comunità. E abbiamo visto che i nostri limiti non erano più barriere ma soltanto trapassi tra me e la persona di fronte a me, tra noi e la comunità. È in questi momenti che abbiamo visto veramente cosa sia possibile: che noi, nella nostra realtà, possiamo vedere oltre noi stesse e noi stessi, possiamo sognare per gli altri e per le altre, possiamo accogliere Dio – perché è Dio che ci ha accolto, nel nostro mondo, nella nostra comunità, e ci ha dato un amore, un amore eterno per abitare i nostri giorni ovunque ci chiami.

Malte Dahme

Sara Marta Rostagno

Direzione di Agape Centro Ecumenico

News & Aggiornamenti

Sono diversi mesi che non condividiamo con voi gli aggiornamenti su quello che succede lassù, nei monti Pralini. I lavori per la realizzazione del nuovo sito ci hanno visti molto impegnati in questi ultimi mesi, ma certo non per questo la vita nel centro si è interrotta, anzi!

Riprendiamo dal principio, è iniziato un nuovo anno e da Settembre 2017 un nuovo gruppo residente ha preso il proprio posto nelle stanze della grande casa residenti oltre il campanile.

Allora dobbiamo davvero fare un passo indietro e, se anche con gran ritardo dedicare ancora un saluto e un grande ringraziamento a chi a Settembre 2017 ha invece concluso il suo percorso da residente: Anissa Renner, Jacopo Mottironi, Lara Aurelie Kopp-Isaia, Martino Bisetti, Nicos Ohse. A loro auguriamo un buon proseguimento di vita post-agapina, sperando di rivedersi presto.

Per il nuovo gruppo residente invece vi presentiamo la formazione attuale, che si sta preparando all’estate che si avvicina: Chiara Macchi, Olga Ithurburu, Fulvio Capra, Dominik Ocsofszki, Luca Casale, Viktor Segergäll, Chilo Brackett Garrou Forsyth, Katarina Janošević. Le nazionalità presenti sono Italia, Germania, Svezia, Serbia e Stati Uniti. I residenti si sono trovati sui lidi liguri, per la loro consueta retraite pre-estiva, con l’obiettivo di consolidare le dinamiche di gruppo e arrivare prontissimi all’arrivo dei campi. 

Quali altre novità? Beh, il centro si è animato spesso e volentieri di diversi gruppi che nei week-end durante l’anno hanno sfruttato la struttura per organizzare le proprie attività e programmi: gruppi di studenti universitari, eventi di danza, tai chi e sport sulla neve, i week-end dei catecumeni e il pre-congresso della FGEI. Da parte di Agape si sono svolti il campo Formazione a inizio anno, seguito dalla Staffissima a febbraio, un appuntamento per tutte le staff di Agape, e infine il campo Lesbico durante il week-end di Pasqua.

Ora ci si prepara per l’estate che arriva veloce con i campi estivi per adulti e minori e che porta con sé alcune belle novità. Avrete visto dalla pagina facebook che ogni campo ha un evento dedicato e le staff fanno a gara a chi posta la foto più cool! Le novità di quest’anno riguardano in particolare tre campi. Entra nel programma la nuova proposta PC Tut*, un campo che accoglie campisti e campiste compresi nella fascia di età che parte dalle elementari fino alle medie. Un proposta per bambini e bambine di diverse età in un contesto di comunità e di cura, guidati da una staff tutta nuova, pronta per sperimentarsi con modalità innovative.

 

Il campo campolavoro viene rilanciato sotto una nuova veste; pur mantenendo la sua natura a metà tra un classico campo e una settimana di campo lavoro, ha deciso di affrontare il tema del genere in tutte le sue sfaccettature. E infatti acquisisce una nuova denominazione, “Ultragender” e si dota di una nuova staff internazionale che saprà combinare lavoro pratico e attività di riflessione in una settimana tutta da scoprire.

Altra new entry del programma è il week-end autunnale dedicato ai e alle giovani. Ritorna così, in un formato ridotto, una proposta per la fascia dai 18 ai 30, un week-end per parlare di adultità, per confrontarsi sulle sfide di questa fascia di età ricca di cambiamenti, momenti di passaggio, rivoluzioni, crisi e ricerca.

Ma ovviamente ritroverete nel programma anche le classiche proposte di ogni estate, che tanto attendiamo per tutto l’anno, e ci riportano ogni volta tra le mura di Agape, facendoci sentire sempre a casa ma allo stesso tempo dandoci sempre la possibilità di metterci in gioco.

Per questo brevissimo resoconto chiudiamo qui, invitando sempre chiunque lo desideri a unirsi al gruppo di lavoro Agape Comunicazione o proponendo contenuti da poter condividere su queste pagine.

 

Quindi insomma buon inizio estate e tutti e tutte, ci si vede lassù, tra una pennichella post-pranzo sul prato, un dibattito in salone, un partita di pallavolo, un laboratorio in saloncino nuovo, una gita, un caffè nel dehor, una grigliata in matroneo, un momento di condivisione in chiesa all’aperto e una festa in camponcino.

A presto!!

Siamo in onda!

L’estate di Agape prosegue svelta tra un campo e l’altro, un susseguirsi di persone sempre diverse animano il centro di molte voci. Ad Agape infatti si può trovare il silenzio della montagna e della natura, ma nella stagione calda risuona in continuo di musica, dibattiti, risate, chiacchiere, conferenze, film, spettacoli, canti. Da sempre in questo centro ci si chiede quanto i temi discussi e l’esperienza vissuta quassù riescano a uscire dal contorno delle alte montagne per raggiungere orecchie  lontane. E’ un tema sempre aperto quello della capacità e necessità di Agape di uscire dalle proprie mura per portare il proprio messaggio al di fuori e per confrontarsi con il mondo e altre realtà che si occupano di temi simili e perseguono obiettivi affini.

Da quest’estate una piccola novità si muove in quella direzione. A partire da giugno infatti, con l’inizio del primo campo estivo, il PC2 (pre-cadetti 2), è andata in onda Radio Agape sulle frequenze di Radio Beckwith Evangelica. Questa emittente con sede a Torre Pellice, molto presente nel mondo valdese e vicina al mondo di Agape, ospiterà infatti per tutta l’estate questo nuovo programma.

“Un estate, dodici campi, 12 prospettive. La montagna di Prali, il mondo e le nostre valli raccontate dalle voci di Agape Centro Ecumenico” così iniziano tutte le puntate di Radio Agape che di settimana in settimana raccontano cosa succede nei diversi campi estivi. Ogni campo sceglie una propria playlist e decide come intrattenere gli/le ascoltatori/trici: interviste ai campisti e alle campiste, descrizione di attività, riflessione sui temi centrali della settimana. Un’ora a settimana per sintonizzarsi su quello che succede nel centro, seguire l’evoluzione dell’estate “agapina” e cogliere, anche solo in parte, le diverse anime del centro.

La collaborazione con l’emittente radiofonica torrese però non si ferma qui: per alcuni campi infatti sono previste delle dirette facebook su alcuni momenti importanti da condividere in maniera più completa. Le dirette facebook verranno riprese dalla radio e compariranno sulla pagina facebook Radio Beckwith Evangelica, condivise poi sul profilo di Agape: potranno essere conferenze, culti, momenti di condivisione o attività particolarmente significative.

Quindi restate sintonizzati su Radio Becwith Evangelica, ogni giovedì dalle 20.00 alle 21.00 o in replica il sabato alle 15.00 e seguite le pagine facebook della radio e di Agape per sentire e vedere la vita del centro.

Picche, carriole e sorrisi

Picche, zappette, coltellini, mani nude, corde, carriole e sorrisi. Il gruppo residenti e una ventina di amici e amiche di Prali lavorano e ridono insieme sulle scale di Agape durante uno splendido pomeriggio di metà maggio.
Tutto è nato a gennaio durante una riunione quartierale (incontri serali scadenzati in quartieri o borgate diversi nelle comunità valdesi) in cui ci hanno raccontato che un tempo erano i fiori a dare il benvenuto a chi arrivava ad Agape, ornando la scalinata con colori e profumi. Questo paragone non era una critica, bensì una proposta di collaborazione e anche la dimostrazione dell’attenzione diffusa verso un posto amato che esige cure immense.

Tra le regole che l’attuale gruppo residenti si è dato riguardo il proprio benessere in comunità c’è quella del tempo condiviso e oggi ne è dimostrazione. I villaggi alpini come Prali vivono grandi sfide climatiche ma anche comunitarie da secoli e hanno molto da insegnare. Durante le riunioni quartierali ci ha sorpreso particolarmente come per loro sia un’ovvietà l’aiuto reciproco quotidiano, fatto di piccole accortezze e atti di bontà non casuali: un lascito residuale della forza di coesione che si sentiva prima, fino a metà ‘900, quando le cose da fare erano molte e lo sforzo era sempre sostenuto da tutte e tutti come una rete in cui ogni puntello fa uno sforzo irrisorio rispetto al peso che sta al centro.
Un po’ come le reti della biodiversità di questi boschi, anche le reti umane hanno bisogno di essere ricche e sane nei loro singoli elementi. Nei momenti in cui vacillano o iniziano a mollare i legami della rete, il peso diviene presto insostenibile a discapito di tutta comunità o dell’ecosistema. Fare cose insieme è sia cura che prevenzione perché infoltisce le relazioni e vivifica le forze.

La comunità durante i suoi sforzi strategici e manuali comuni rivela la sua potenza insostituibile, insieme come oggi quando dopo un apericena al tramonto, abbiamo concluso in bellezza con il riposizionamento della croce di Agape, caduta quest’inverno durante una notte tempestosa quando il vento piegò le staffe metalliche e la base cedette a causa del lavorio delle mega-formiche agapine sul legno interrato. Le donne guardavano, consigliavano e ogni uomo a capo di una corda, ha sollevato la pesante croce, apparentemente senza sforzo.
Quella del potenziale umano è una rete multicolore, regolare e armonica, pur nei suoi contorni variegati ed è ben visibile quando inventiva, solidarietà e piacere condiviso si uniscono in attività sincrone.
Grande riconoscenza e una buona stagione dei fiori a tutti e tutte!

Sara Marta Rostagno

Da un grande potere deriva una grande responsabilità

dscf5939Da un grande potere deriva una grande responsabilità: questo il titolo della Staffissima, svoltasi quest’anno dal 24 al 26 marzo, un campo che vede protagoniste tutte le staff dei campi proposti da Agape.

Durante queste giornate, infatti, le staff da una parte iniziano – o portano a termine – i lavori per la realizzazione dei campi e, dall’altra, approfittano di questo momento insieme per conoscersi, incontrare il nuovo Gruppo Residente, condividere problemi e riflessioni, con l’obiettivo di mettere a disposizione di tutti e tutte conoscenze ed esperienze e di tracciare insieme un cammino comune.

Le attività sono state proposte dal Consiglio di Staff che, insieme con la Direzione, ha raccolto le criticità emerse dalle staff a fine estate o insorte durante lo svolgimento dei campi e ha creato, per questo campo, occasioni per discuterne, ribadendo anche l’importanza e la responsabilità che fare staff ad Agape comportano. Come base per tutto ciò, le linee pedagogiche di Agape, il Vademecum per il lavoro nelle staff e il Documento sulla formazione di Agape, che ogni anno vengono ripercorsi e ridiscussi.

Obiettivo e risultato del primo momento comune è stato quello di creare un patto da presentare a laboratoristi/e e relatori/trici, in modo che chi come tale si avvicina e partecipa alla vita di Agape abbia un’idea del significato di questo progetto, della sua storia e delle sue regole, con particolare riguardo ai campi per minori e alla responsabilità pedagogica che si viene a creare e sussiste anche al di fuori delle attività svolte.

La responsabilità è tornata a essere discussa nelle attività successive. Un semplice gioco ci ha portato a creare una fotografia comune delle staff e delle esperienze che ogni persona ha vissuto nel contesto di Agape e di come,quindi, sia responsabilità di ognuno e ognuna condividere le esperienze e le conoscenze acquisite a beneficio della staff, in un continuo processo di apprendimento e formazione. La rilettura delle linee pedagogiche di Agape ci ha ricordato gli obiettivi che stanno alla base del lavoro delle staff ma ci ha anche posto di fronte ai problemi che questo comporta per

alcuni individui o gruppi: come riconoscersi in queste linee? Come interpretarle? Come renderle contemporanee e condivise? L’attività era volta a capire i perché di questi spunti, conoscerli più a fondo e quindi comprenderli e poterli, così, meglio applicare.

Ancora sulla responsabilità ci si è interrogati, discutendone caldamente, durante il gioco di schieramento che ha visto le staff prendere posizione su temi quali il ruolo educativo durante le attività o al di fuori di esse, le regole condivise durante i campi e la libertà.

Alla fine dei tre giorni, il Direttore e la Vicedirettora hanno tenuto un discorso, ricordando con affetto Demetrio e riconoscendo i frutti del suo impegno e del suo amore, ringraziando ognuno e ognuna per la loro dedizione e l’apporto che danno al Centro. Il lavoro che è stato fatto e si fa è immenso: tutto ciò non sarebbe possibile senza l’aiuto di tutte e tutti.

Luisa Meytre, Consiglio di  Staff

Dal Campo Formazione…

1926629_10152346245826203_8661728972550823820_nA inizio dicembre si è tenuto ad Agape il Campo Formazione e Progettazione, al quale ho partecipato quest’anno per la prima volta. Prima di allora non avevo mai preso parte a un campo del genere e, ad essere sincera, non avevo mai neanche considerato la possibilità di far parte di una staff. Nell’ultimo periodo, però, ha cominciato a balenarmi in mente l’idea di intraprendere questa strada, dopo svariati campi Cadetti e qualche esperienza di campolavoro.

Parlando con alcuni miei coetanei e coetanee, che avevano con me partecipato ai campi Cadetti estivi e invernali, è emerso che la fine dell’esperienza dei campi per minori rappresenta, per alcuni e alcune, una fine definitiva: “Agape non sarà più bella come era prima, non so se ci tornerò…” mi sono sentita ripetere varie volte. Devo ammettere che anche io, inizialmente, ho provato la paura di non poter più sentire, dopo aver vissuto tante esperienze meravigliose, la magia che Agape aveva sempre portato con sé in questi anni. Questi timori iniziali, però, hanno lasciato spazio alla voglia di conoscere e scoprire questo luogo anche attraverso altri percorsi, prendendo parte alla vita comunitaria in vesti nuove; il campo Formazione è stato per me, quindi, come ogni “prima volta” un’esperienza strana, inedita e diversa che, tuttavia, mi ha dato la possibilità di guardare Agape da una nuova prospettiva, permettendomi di osservare questo Centro con occhi diversi e facendomi anche ritrovare la “magia” che temevo quasi di aver perso.

Attraverso le varie attività proposte in questi intensissimi giorni, siamo stati chiamati e chiamate a interrogarci circa il tema dell’inclusione: cosa si intende realmente per inclusione? Quali sono gli elementi che la favoriscono e quali, invece, la limitano? Riusciremo mai a dare una definizione esaustiva di questa parola?

Inizialmente, abbiamo provato a rispondere a queste difficili domande focalizzandoci su Agape, che apre le sue porte a qualunque persona voglia prender parte alla sua vita comunitaria. Successivamente, però, ci siamo concentrati anche su altri aspetti che potrebbero rappresentare degli ostacoli ad Agape: anche in un luogo votato all’inclusione, ci sono problemi che tanti e tante di noi non avevano magari mai preso in considerazione.

Abbiamo avuto in questi tre giorni anche l’occasione di considerare il mondo delle disabilità, riflettendo su come poterci concretamente rapportare a questa tematica: durante un’attività ci siamo immedesimati e immedesimate in un disabile, rendendoci conto sulla nostra stessa pelle di quali e quanti potessero essere gli elementi limitanti l’inclusione e comprendendo come far sì che questi possano essere eliminati, favorendo la partecipazione attiva di chiunque.

Parallelamente alle attività sul tema centrale, ci siamo ritrovati faccia a faccia, tanti e tante di noi per la prima volta, con l’organizzazione di un campo: in piccoli gruppi abbiamo dovuto preparare, infatti, dei giochi per un ipotetico campo. Per la prima volta, mi sono resa conto di quanto questo sia un processo complicato e lungo: prima di quel momento, avevo sempre preso parte a queste attività senza mai preoccuparmi più di tanto del lavoro che ci stava dietro.

Abbiamo compreso quanto, anche nella preparazione di semplici giochi, magari anche per bambine e bambini, sia importante prendere in considerazione le esigenze di ognuno e ognuna affinché non si sentano mai esclusi ed escluse dalle attività proposte.

Sicuramente, il campo Formazione mi ha lasciato tante idee nuove nella testa e tanta voglia di riflettere su aspetti che prima neanche conoscevo o che comunque non avevo mai considerato. Adesso non vedo l’ora di entrare a far parte di una staff, quella del campo Precadetti/e 2, con la quale sono impaziente di cominciare a lavorare a partire dalla Staffissima, che si terrà dal 24 al 26 Marzo!

 

Susanna Mancini

Consiglio di staff, questo sconosciuto…

Centro_estateFaccio parte del consiglio di staff e dopo ormai tre anni di attività di questo neo-nato gruppo di lavoro, è ancora difficile capire come interviene nella vita di Agape, forse perchè ancora non viene sfruttato appieno e i suoi doveri non sono bene definiti. Il mandato ufficiale vede come compito principale quello di offrire alla staff dei campi “la supervisione nei momenti di criticità e l’accompagnamento nel loro percorso”. Io e miei compagni/e non siamo esperti, non abbiamo le soluzioni e non abbiamo le risposte, ma abbiamo esperienza nella vita di agape e offriamo un punto di vista, uno sguardo, che sia il più possibile esterno e uniforme. L’obiettivo è che ogni staff possa fare il proprio percorso individuale, ma possa anche far parte del progetto Agape in un continuo gioco di scambi di saperi ed esperienze dirette. Per fortuna di momenti di scambio ce ne sono tanti, ma al consiglio di staff spetta l’importante compito di facilitare una comunicazione di questo tipo. Ecco perchè durante la Staffissima, al consiglio di staff è chiesto di gestire uno o più momenti tutti insieme in modo che tutte le staff presenti possano lavorare come un gruppo unico anche se solo per mezzo pomeriggio. Forse adesso esagero, così sembra che siamo un gruppo di grandi pensatori e strateghi della comunicazione, in realtà facilitiamo il dialogo che per fortuna già avviene perchè al di là di un po’ di sana competizione e scherzi tra staff, che fanno bene all’umore, c’è molta voglia di raccontare quello che si fa e il confronto col lavoro degli altri gruppi e quasi sempre all’ordine del giorno.

Uso termini strani quali staffone, staffissima, staff staffissima e via dicendo, ma non sono pazzo. Forse do per scontato tante cose e magari non tutti sono al corrente del grosso cambiamento che è avvenuto a livello di formazione e composizione delle staff. Sarò breve, non me ne voglia chi ha passato mesi a discutere a ripensare un modello formativo intero.

Il nuovo modello della formazione di Agape non prevede più dei momenti formativi per così dire istituzionalizzati, ma non li esclude nemmeno. Semplicemente si è deciso che la particolarità dell’offerta di Agape, quella che la contraddistingue e la rende speciale, è il lavoro fianco a fianco con chi di staff ne ha già fatte tante e il passaggio di saperi avviene in un continuo momento di formazione orizzontale tra pari. Questa è un’esigenza nata dalle staff stesse che Agape ha accolto e fatto sua, istituzionalizzando così una richiesta precisa di chi dedica molto tempo ad Agape. La formazione tra pari, ovviamente, non passa solo attraverso le singole staff ma nel confronto con le altre staff, motivo per cui la succitata staffissima. Questa staffissima è un normale weekend di riunione staff che però si svolge in date stabilite e ad Agape, dove tutti\e fanno riunione contemporaneamente. Per qualche staff sarà la prima riunione, per altre la seconda e per alcune addirittura l’ultima, quel che è certo è che per tutte è un weekend per conoscere i “colleghi” di altri campi, con l’occasione di vedere i volti di tutti coloro che impegnano il proprio tempo libero in nome dello stesso progetto. E’ un weekend davvero pieno e dal clima piacevolissimo.

Questo nuovo sistema può essere davvero all’avanguardia e può essere davvero nobile, ma è una sfida davvero grande perchè richiede molta responsabilità da parte di ogni gruppo staff che deve quindi essere in grado di autoformarsi, autorinnovarsi ed essere accogliente anche verso chi non si conosce, ma che può essere una preziosa risorsa per Agape, senza dimenticare che Agape stessa può essere un prezioso momento nel proprio percorso formativo e, perchè no, di vita. A un certo punto si potrebbe/dovrebbe arrivare addirittura a fare un passo indietro per “un bene superiore”.

Questa forse è la sfida più grande e più bella, che se riesce può riempire di orgoglio chi ne fa parte, ma se fallisce può altrettanto duramente deludere chi ci ha creduto. Molto, forse troppo, è quindi chiesto alla direzione di Agape che deve supervisionare tutto questo. Ci sono dentro difficili dinamiche, tempi stretti e tantissimi gruppi che richiedono attenzione anche contemporaneamente. I numeri sono alti e il lavoro da fare tanto per cui credo il più grande compito del consiglio di staff, seppure non esplicitato, sia quello di supportare e sostenere la direzione nella gestione delle staff, tenendo sempre un orecchio aperto su quello che succede perchè alla domanda di fare staff, la risposta “we are a weird group, we are worried an outsider won’t have a nice time” (siamo un gruppo particolare, temo che un outsider non si troverebbe bene), o la risposta no grazie, con te non lavoriamo, ma preferiamo invece avere lui non ha proprio niente di Agape. Ma proprio niente.

La cosa più dura, più faticosa e che porta anche ad alcune delusioni e proprio quella di evitare le derive di un progetto ambizioso perchè a volte il divertimento sembra più importante dell’impegno e il compito del consiglio di staff, per come lo vivo io, è quello di promuovere il più possibile un discorso inclusivo nei singoli gruppi di lavoro. Capita infatti che a fronte della voglia di organizzare un bel campo e ottenere bei risultati si rischia di fare scelte che non rispecchiano del tutto lo spirito di Agape, che è in primis una comunità unita a sostegno di chi ne ha più bisogno, dentro i campi così come nei gruppi staff. E su questo bisogna costantemente porre l’attenzione.

 

Michele Comba

Officine del futuro di Agape

Casa-residenti_campanileDal due al quattro gennaio 2017 Agape ha festeggiato l’inizio dell’anno con un nuovo progetto: le Officine del futuro, un’occasione per incontrarsi e trovare nuovi stimoli per la riflessione pedagogica e politica. A seguito di una riflessione riguardante la comunicazione verso l’esterno, si è deciso di dare testimonianza dell’intero evento tramite una diretta twitter (hashtag #OfficineAgape) e numerosi contributi raccolti sulla pagina Facebook di Agape, ottenendo feedback da alcune persone che non hanno potuto essere presenti.

Le persone partecipanti sono state circa trenta, quasi tutte residenti o ex-residenti, molte delle quali già impegnate in staff o nei comitati. Va evidenziata l’età media abbastanza alta, emblematica della difficoltà di coinvolgere la generazione più giovane – che frequenta assiduamente il Centro per il Campolavoro – nella riflessione teorica sul futuro del progetto Agape.

L’incontro è cominciato con la visione di Domani, un recentissimo documentario di Cyril Dion e Mélanie Laurent che, in cinque capitoli tematici – agricoltura, energia, economia, democrazia, istruzione – mostra alcune “alternative creative per un mondo diverso”.

Il film ha suscitato una discussione che ha occupato il tempo libero di campiste e campisti fino alla mattina successiva, aperta dal collegamento Skype con Cristiano Bottone, uno dei soci fondatori del nodo italiano del movimento della Transizione che mira a favorire il passaggio delle società contemporanee verso dei modelli sostenibili, aggiornando molte delle buone pratiche in uso fino ad oggi (prediligendo quindi per esempio modelli che prevedano una minore produzione di rifiuti che non semplicemente il riciclo di quelli prodotti).   Attraverso il racconto di questo approccio, basato sul bilanciamento dell’azione di testa, cuore e mani – la migliore informazione, l’attenzione agli aspetti relazionali e il lavoro tangibile –, il relatore ha portato esempi di progetti realizzati partendo dal basso come le Transition Town, realtà di convivenza dotate di orti comuni, monete a circolazione locale o riciclaggio di materiali di scarto all’interno della filiera produttiva.

Grazie agli spunti raccolti durante la mattina, nel pomeriggio il campo ha riflettuto in gruppi a proposito di alcuni macrotemi (ambiente e spiritualità, tecnologia e pedagogia, economia e benessere, migrazioni e genere), sviluppando paradigmi teorici e proposte concrete. E’ stata proposta una metodologia di lavoro secondo la quale i partecipanti dovevano immaginare ipotesi assurde: a partire da ragionamenti per assurdo si è provato a trovare vie innovative e creative per affrontare le sfide che oggi Agape è chiamata ad affrontare.Si è discusso successivamente in assemblea plenaria e tra le questioni sollevate si è parlato soprattutto dell’organizzazione del lavoro di Agape, della esportabilità del suo modello, e del rilancio della partecipazione agli eventi proposti.

Dopo una serata di danze e canti, durante l’ultima mattina di campo, ci sie è focalizzati su ciò che di pratico Agape può fare per rinnovare la propria proposta: si è parlato di accoglienza dei migranti e di temi trasversali per tutti i campi, di educazione alla tecnologia e di questioni di genere, di educazione non formale e di volontariato, di Campolavoro all’estero e di progetti nelle scuole, di cura della struttura e di programmazione pluriennale. Molte sono state le proposte pratiche, alcune delle quali hanno anche messo in discussione aspetti della vita di Agape dati per scontati, quali la validità dello strumento “campo”, la correlazione tra formazione e lavoro, l’importanza di un’omogeneità tra tutte le proposte del Centro.

Sono stati tre giorni intensi, pieni di discussione e nuove idee, ma troppo poco partecipati, per questo vogliamo rilanciare e condividere ancora l’hastah #OfficineAgape perchè lo spazio di discussione rimanga aperto. Limitare le proposte a qualche giorno l’anno è un peccato e per questo è sempre possibile comunicare le proprie idee, condividere dubbi o fare domande legate all’evento attraverso il profilo twitter @AgapeCE, la pagina Facebook di Agape e l’indirizzo email ufficio@agapecentroecumenico.org.

Anno nuovo, nuovi inizi…

Buon anno a tutti/tutte e bentornati/e su Agape Immaginaria!

Nell’ultimo anno sono cambiate un pò di cose rispetto alla gestione di questo mezzo di comunicazione: vorremmo ripartire, quindi, raccontandovi chi siamo e come lavoreremo d’ora in avanti.

Come molti e molte avranno notato, l’anno scorso non è stato pubblicato alcun numero di Agape Immaginaria: nuove esigenze ci hanno portato a creare il gruppo Agape Comunicazione, composto dalla redazione di Agape Immaginaria alla quale si sono aggiunti alcuni agapini esperti di tecnologia, grafica, social media e web, per trasmettere all’esterno ciò che succede quassù a Prali.

La redazione di Agape Immaginaria continuerà a occuparsi di produrre e raccogliere testi e articoli per condividere i contenuti e gli eventi del Centro e, in questo momento, può contare sui nomi di Daniele Parizzi, Giovanni Jarre, Michele Comba e Valeria Lucenti, ai quali si aggiungono, per il Gruppo Residente, Luca Casale e Olga Ithurburu. Con questo gruppo collaborano Francesca Gatto, Davide Velluto e Jacob Zucchi, che si occuperanno di progettare una revisione per il sito, aiutare il Gruppo Residente e la Direzione a gestire i profili sui social network e curare la parte grafica della produzione di nuovo materiale informativo e pubblicitario del Centro.

In questa riorganizzazione del gruppo, abbiamo ripensato anche i nostri metodi e i nostri strumenti, per provare a garantire un dialogo continuo tra dentro e fuori il centro: Il formato cartaceo della rivista “Agape Immaginaria” non esisterà più, gli articoli verranno pubblicati sulla sezione dedicata del sito. Inoltre, si cercherà di sfruttare maggiormente i mezzi di comunicazione social di cui Agape dispone.

Ripartiamo da qui, nella speranza di potervi tenere aggiornati e aggiornate il più possibile sulle tante attività del Centro. Saremmo felici di ricevere contributi, commenti, suggerimenti, per creare uno spazio digitale di dialogo e confronto che possa ulteriormente animare la discussione e la riflessione sui temi discussi ad Agape. Ci piacerebbe poter contare su di voi come lettori del sito, amici su Facebook, follower su Twitter e iscritti al nostro canale Youtube: per questo, di seguito riportiamo l’elenco di come e dove ci potrete trovare.

  • Sito agapecentroecumenico.org

  • Facebook: Agape Centro Ecumenico

  • Twitter: Agape Tweets (@AgapeCE)

  • Youtube: Agape Centro Ecumenico.

  • E-mail: immaginaria@agapecentroecumenico.org

Ci piacerebbe, in particolare, ricevere i video che negli anni passati sono stati prodotti sul Centro, per raccoglierli sul neonato canale Youtube.

Insomma, ripartiamo con una nuova marcia e speriamo di ricevere il supporto di tutta la comunità di Agape, per riuscire a svolgere nel migliore dei modi l’impegno che ci siamo assunti e assunte. In attesa di altre notizie fresche, iniziamo il 2017 aggiornandovi sulla composizione del nuovo Gruppo Residente.

Il Gruppo Residente di quest’anno, infatti, si presenta completamente rinnovato: troviamo Anissa Renner alle pulizie, Jacopo Mottironi al bar, Katarina Janošević al servizio, Lara Aurelie Kopp-Isaia e Viktor Segersäll in cucina, Luca Casale e Olga Ithurburu in ufficio, Martino Bisetti come jolly (colui che lavora in diversi settori, a seconda della necessità) e Nicos Ohse in manutenzione. Ad affiancare Malte Dahme nel lavoro della vicedirezione, è tornata ad Agape Sara Marta Rostagno. Al momento, sono rappresentate nel Gruppo Residente quattro nazioni differenti: Germania, Italia, Serbia e Svezia. A loro e a tutti i volontari e le volontarie un augurio di buon lavoro.

Ringraziamo di cuore chi ha fatto parte del Gruppo Residente fino a settembre 2016 per il servizio svolto e per le energie spese: Caterina Lo Presti e Lillo Galloro in cucina, Claire Sofi in pulizie, Daniel Kupffer e Giovanni Jarre in ufficio, Jakob Rauber in manutenzione, Kateryna Tolmachova in servizio, Lucia Díaz Tárraga come jolly e Merle Hoffmann al bar.

La Redazione di Agape Immaginaria