Campo invernale: perché sempre film?

Guardare un film è così abituale da sembrare scontato. Eppure ogni volta che passiamo una serata davanti a una pellicola succedono tante cose: ci facciamo domande, pensiamo alla nostra vita, immaginiamo storie possibili anche se fantastiche.

Costruire un intero campo per adolescenti intorno a un film può sembrare un azzardo, ma è una sfida che permette di confrontarsi con la nostra fruizione quotidiana di forme d’intrattenimento. Questa azione critica porta a prendere in considerazione una varietà di temi difficilmente avvicinabili in un contesto diverso. Ogni film ha una propria voce, uno specifico punto di vista sul modo in cui alcune tematiche vengono narrate e quindi percepite dalla nostra società. Analizzando un film, quindi, non ci si pone solamente il problema del ‘Cosa’ ma anche del ‘Come.

L’ampiezza e la complessità dei temi che un film può offrire è particolarmente evidente durante la preparazione del campo che comincia sempre con un momento durante il quale ogni membro della staff mette in tavola le sensazioni e i significati che ha trovato nella pellicola. Questo lavoro di condivisione e analisi è molto importante, proprio per mettere in luce come un’opera artistica possa parlare in maniera diversa con ognuno di noi.

Questa modalità di costruzione del campo, nata come un esperimento, continua a dare ottimi risultati, soprattutto per la particolare struttura del campo invernale. Lavorare con un film permette di costruire un immaginario e un linguaggio comune più velocemente, di immergersi immediatamente nel cuore dei temi e di creare un percorso che seppur breve riesce a trovare sempre un punto d’arrivo. Quel che può variare è l’interpretazione che ciascuno dà allo stesso racconto.

Tra staff e campisti/e, durante un invernale, ci sono normalmente una decina d’anni di differenza di età ed è evidente che si abbia uno sguardo diverso sulla vita. Questo aspetto è la grande difficoltà e contemporaneamente la grande ricchezza del campo. Non sono molte, nella vita quotidiana, le occasioni che un adolescente ha di confrontarsi con degli adulti al netto di una sostanziale differenza gerarchica. E questo è altrettanto vero al contrario.

Così, per sei giorni l’anno, guardando lo stesso film e ascoltando la stessa storia possiamo incontrarci per riflettere e parlare alla pari della realtà attorno a noi, uscendone tutti e tutte arricchiti/e.

Quindi, squadra che vince non si cambia. Ci si vede, un film, il prossimo inverno!

Francesca Gatto e Jacob Zucchi
Staffisti del campo cadetti 3 – Invernale

A casa lontano da casa

 

In vista dei preparativi per l’estate agapina, pubblichiamo l’articolo di una ragazza che ha partecipato ai campi internazionali dell’estate 2012 grazie al progetto scholarship di Agape.

Photo by Michele Comba
Photo by Michele Comba

Sono membro del Freedom and Roam in Uganda e sono venuta come rappresentante della mia organizzazione ai campi di quest’anno di Agape Centro Ecumenico.

Devo dire che mi è piaciuto il soggiorno ad Agape. Il mio più grande problema è stato al giorno d’arrivo: spero solo che migliori indicazioni possano essere date a chi dovesse partecipare ai campi, soprattutto se dovesse essere la prima volta che vengono invitati ad Agape. Ma mettendo questo da parte, mi è piaciuta la diversità tra i partecipanti ai campi. Avere così tante persone provenienti da diverse nazioni è stato molto significativo. Mi ha dato differenti punti di vista da tutto il mondo. E anche se potrei offendere qualcuno, mi aspettavo di rimanere un po’ in disparte, un po’ a causa del colore della mia pelle, un po’ a causa della mia identità sessuale. Sono invece rimasta sorpresa. Mi ci sono voluti appena un paio di giorni per ambientarmi. Mentirei se non dicessi che avevo nostalgia di casa, ma dopo aver fatto amicizia, mi sentivo a casa lontano da casa. Mi ricordo in particolare la gita in montagna. Avevo giurato che non sarei andata, ma per fortuna ho ceduto alla grande insistenza di qualcuno che non voglio nominare. E’ stata una sfida arrivare in cima, ma per qualche ragione tutti hanno cominciato semplicemente a far coppia e sono salita fino in cima con gente stupenda. C’era il problema della barriera linguistica e delle differenze di età e cultura, ma tutti hanno provato a capire me e io loro; devo ammettere che ho incontrato persone stupende e posso onestamente dire che ho creato dei legami duraturi.

Non sono una persona molto religiosa e mi ero prevenuta nella mia mente e nel mio ordine di pensiero rispetto a tutto quello che sarebbe avvenuto durante il campo. Ma il programma era strutturato in maniera tale che anche io ho potuto imparare qualcosa. Al posto di lezioni sulla Bibbia, c’erano discussioni intellettuali che mi hanno permesso di aprire la mia mente ai punti di vista di persone sia religiose sia non così tanto religiose che hanno partecipato ai campi. Si è discusso anche di misticismo e di essere attenti a tutte le cose e tutte le persone che ci stanno intorno, in modo da non essere concentrati solo su se stessi.

Da Agape vado via con la capacità non di criticare ma piuttosto di rispettare e analizzare. Il lavoro anche è stato divertente, non appena ho trovato quello che faceva per me. Ogni volta che ci si fermava per caffè e sigarette durante le pause avevo la possibilità di interagire con più persone. Il campolavoro mi ha insegnato il valore della disciplina: difficile o facile che sia, il lavoro va fatto. Ed anche se qualcun altro può averlo già fatto (al posto tuo), lo scopo principale rimane quello di apprezzare il valore del lavoro duro e anche dello spirito di squadra. E non dimentichiamoci del cibo. In qualche occasione proprio non mi piaceva probabilmente perché era straniero al mio palato o perché non era preparato come sono abituata, ma ho apprezzato lo sforzo che è stato fatto per cucinarlo. In più di un’occasione invece era delizioso, abbastanza da farmi avere sempre il sorriso in faccia e aver preso cinque chili. Mi ricordo della sera dedicata a barbecue. Me la ricorderò per sempre.

Alla fine ero triste di partire, ma ringrazio per la generosità, la comprensione, la pazienza e il tempo che ci sono voluti per accettarmi così come sono. Ho imparato molto dai campi tanto che sono tornata a casa e l’ho condiviso con gli amici e colleghi della mia organizzazione. Spero che anche loro possano dargli il valore che gli do io.

Grazie a tutti.

Janice Babirye Kirabo, tradotto dalla redazione