Un tuffo in Agape

1926629_10152346245826203_8661728972550823820_nA luglio mi son buttato. Dopo aver sentito parlare il mio amico Sandro per mesi e mesi delle esperienze da lui maturate ai campi gay organizzati al centro ecumenico Agape di Prali, ho deciso di raccogliere il coraggio, mettere da parte altre alternative più consuete per il periodo estivo e prendermi una settimana di ferie per verificare con i miei occhi quale fosse esattamente la realtà rappresentatami con tanto entusiasmo.
Con tutto il necessario scetticismo e con una decisa riduzione di aspettative. In fondo comunque si trattava di un periodo in montagna, almeno avrei respirato aria pura e fresca, vabbé, mi ripetevo.

Essere in una struttura valdese mi dava una rassicurante fiducia epidermica, di quelle emozionali, acquisita per proprietà transitiva. L’anno precedente sul Camino di Santiago avevo conosciuto Anna, di confessione valdese, una persona meravigliosa entrata di diritto nella mia “famiglia”, non quella di nascita, ma quella che ci creiamo naturalmente durante il percorso di vita. E quindi con i valdesi avevo già un piccolo legame emozionalmente confortevole, una sorta di conoscenza indotta.
Arrivato, nonostante i quasi cinquant’anni, ho provato comunque quel classico timore tipico degli adolescenti (che in fondo non ci abbandona per tutta la vita) quando si trovano davanti ad un ambiente non domestico, sconosciuto. Teoricamente confortato dalla presenza di tanti altri “ragazzi” omosessuali di tante età, e quindi con un minimo comun denominatore, ma contemporaneamente disorientato dalla loro specifica identità di persone.

“Poco a poco”, mi son detto, ed è cominciata l’avventura.

Dal titolo e dalla sintesi delle tematiche del campo era evidente che l’avventura non sarebbe stata leggera. “Corpo a corpo. La sessualità”. Da immaginarsi le barriere che immediatamente ho pianificato per non espormi, per proteggermi, per non farmi coinvolgere. Inutili da subito. I primi laboratori e le prime esperienze ci hanno messo immediatamente a contatto con gli altri, essere davanti alle stesse sollecitazioni ci ha fatto pian piano perdere quella diffidenza verso l’altruità e  aprirci offrendo all’esterno un po’ delle nostre emozioni, fossero queste diffidenza, paura o entusiasmo.
E’ stato un crescendo, un coinvolgimento sempre maggiore nelle esperienze proposte dalla Staff e vissute sempre più  intensamente. E, in maniera sorprendente, nonostante tutte le mie riserve e cautele iniziali, è venuta fuori questa voglia prepotente di mostrarmi agli altri per come sono, nella mia identità, o per meglio dire nel poliedro delle mie identità, di persona, di omosessuale, di soggetto di sesso maschile, di funzionario, di amico e quante altre ancora ce ne stanno, che fanno nel loro complesso “me”.
Una spontaneità difficilmente provata nella sua pienezza durante quella che mi verrebbe da chiamare la “vita normale”, intendendo con questa formula il quotidiano professionale, quello dello studio, o anche dello svago, dove spesso capita la sensazione di parziale accoglienza da parte degli altri, non necessariamente perché nascondiamo alcuni aspetti di noi per non esporci, ma semplicemente perché questi aspetti non vengono ascoltati, visti, e non dico compresi ma almeno rispettati con l’attenzione che meritano, e quindi ci risulta inutile condividerli.
Una spontaneità nella quale ho scoperto, o meglio riscoperto, lati dimenticati, quali la competizione (ma quella sana!) e il senso di appartenenza a una squadra, nei giochi serali, oppure nel bel laboratorio sul rugby. Qui  siamo stati messi davanti alla sfida con uno sport per noi nuovo, dove al timore reverenziale di una fisicità spesso mai esplorata, quasi negazione di una maschilità che invece ci appartiene profondamente, si è sostituito un entusiasmo strisciante che a fine giornata ci ha fatto sentire orgogliosi di aver abbattuto una paura, una resistenza, sebbene in un contesto “protetto”. Orgogliosi di aver scoperto delle capacità, entrando pian piano in un ambito considerato erroneamente estraneo, quasi vietato, più da noi stessi che dagli altri. E chi se ne frega dei lividi e di qualche bottarella, quando mai ci saremmo messi “in gioco” così, e soprattutto, quando mai ci saremmo messi davanti a noi stessi senza un autogiudizio immobilizzante?

Con la stessa spontaneità mi sono abbandonato al laboratorio sulla percezione di un noi futuro, di un noi anziano.  Costruire un’immagine di me fra trenta o quarant’anni è stato un inventarsi senza modelli, concedendomi, anche se con fatica, la possibilità di anni sereni e consapevoli. Una vera conquista.
Alla fine l”esperienza è stata unica. Ma fortunatamente ripetibile. Già dal prossimo anno.
In cambio del coraggio di affrontarla ne ho avuto un ritorno notevole: la maggiore conoscenza di me, il miglior rapporto con la mia fisicità, e, di sorprendente importanza, una consapevolezza meno grossolana delle identità degli altri, dei loro pensieri, delle loro emozioni, delle loro sofferenze.
Identità uniche e proprie, a volte solo sfiorate per una settimana, a volte da prendere per mano con la voglia di fare un pezzo di strada assieme, ma che comunque rimangono quali elementi di risonanza nel mio vivere, e mi fanno sentire, come poche volte, parte di un’umanità in viaggio.

Francesco Ginestretti

Quando un cadetto diventa maggiorenne

Foto di Dominyka Kukuryté
Foto di Dominyka Kukuryté

Agapini, agapine, vorrei raccontarvi la recente esperienza alla quale ho preso parte, il Campo Campolavoro, o Campo Capolavoro, come mi piace chiamarlo.
Dovreste sapere che, quest’anno, nel CCL il sottoscritto era senza ombra di dubbio il più giovane, fresco dei suoi diciotto anni (e anche il più ingenuo, ma questi sono dettagli).
Mi è stato chiesto di fare un piccolo report per Immaginaria in quanto, essendo passato direttamente dal Campo Cadetti all’esperienza del Campolavoro, sono rimasto molto colpito da una realtà che ancora non conoscevo, nonostante i miei dodici anni di assidua frequentazione di Agape.
Quello che posso dirvi, rivolgendomi soprattutto ai cadetti e alle cadette che leggeranno questo numero, è che non c’è percorso più naturale e piacevole, all’interno della vita ad Agape, di quello campista-campolavorista. In parole povere, quest’esperienza mi ha profondamente cambiato, in particolare (ovviamente) nel modo in cui ho sempre visto Agape come centro ecumenico: passare dall’essere campista, cioè “utente” di Agape, all’essere un volontario, una di quelle persone che ad Agape hanno donato la propria voglia di fare, le proprie forze e le proprie passioni, come Agape ha donato loro la possibilità di conoscersi, di imparare e di collaborare, è stata una delle decisioni più naturali che io abbia mai preso.

Non conoscendo ancora nulla di questa faccia del mondo della nostra amata “borgata” – e senza la sicurezza di poter incontrare volti più noti che ignoti, come poteva avvenire durante i Campi Cadetti – ho deciso di iscrivermi al CCL e poi di trattenermi un’altra settimana nei dintorni di Ghigo di Prali per fare qualcosa della mia estate altrimenti priva di impegni.
Il tema del CCL di quest’anno era l’auto-organizzazione, una parola di cui chiunque conosce il significato ma della quale non tutti/e comprendono l’applicazione. Come a ogni campo, la staff ci ha accompagnato in questi sei giorni indirizzando le nostre attività e coordinandoci nei momenti di lavoro, così da poter avere sessanta efficientissimi/e campolavoristi/e in grado di aiutare la struttura dove più ce n’era bisogno.
Come a ogni campo, le attività di dibattito e confronto non sono mancate, tant’è che molti non riuscivano più a distinguere la fatica dovuta al lavoro manuale da quella dovuta al “troppo sforzare” le menti… ma quello che voglio raccontarvi non è solo questo. Vorrei raccontarvi di come, appena arrivato, senza neanche il tempo di rendermene conto, ho incominciato a riconoscere i volti di quelle persone che ad Agape ci sono sempre state, anche quando per me esistevano ancora i “luoghi proibiti” e la terza casetta era solo un miraggio.
Vorrei raccontarvi di come, dopo solo qualche giorno, l’autorganizzazione alla quale si aspirava era praticamente andata a farsi benedire, ma anche di come l’abbiamo recuperata con fare da maestri/e. Vorrei raccontarvi di come ho conosciuto qualche angolo di mondo per me troppo lontano spostandomi da casa mia soltanto con un’ora e mezza in macchina. Vorrei raccontarvi di come, anche se tutte persone adulte, un paio di regole qua e là fanno sempre bene, e di come infrangerle ti faccia sentire in colpa tanto quanto durante un campo cadetti/e. Vorrei raccontarvi di quante cose sono riuscito a rompere e di quante poche sono riuscito ad aggiustare, ma nonostante tutto, vorrei che qualcuno vi raccontasse di come il mio essere un poco incapace mi sia stato perdonato. Ma, se vi raccontassi tutto, potrei rovinarvi la sorpresa che troverete la prossima volta che verrete a vedere coi vostri occhi quello che capita al CCL.

Quindi, spero che questo piccolo report abbia funzionato da “aperitivo”, e che abbia stuzzicato la vostra “fame” e la vostra voglia di venire a scoprire che cosa vuol dire diventare parte del cuore pulsante di Agape, senza troppe pretese e con tanta voglia di fare e scoprire, perché da fare ce n’è – sempre e comunque – e da scoprire ancora di più.
Un consiglio? L’inglese maccheronico è il miglior modo per attaccare bottone.

Davide Mancini

Fare campolavoro accanto ai bambini

Per l’inizio del nuovo anno vi regaliamo un articolo uscito sull’ultimo numero di Agape Immaginaria in cui Laura, giovane campolavorista, racconta la sua esperienza di lavoro durante i campi per bambini.

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Foto di Michele Comba

Sono arrivata ad Agape una settimana prima dell’inizio dei campi dell’estate. Era la mia prima esperienza estiva lassù e, venendo da Torino, mi rilassava tanto: le montagne, l’aria pulita, il panorama e soprattutto la tranquillità e il silenzio; tutto ciò che si sentiva erano gli uccelli, le mucche e il vento. Poi, dopo una settimana, questo silenzio è finito: sono arrivati i bambini del campo Precadetti/e 2. Pensavo che loro e il rumore che facevano mi avrebbero spaventata ma invece no: finalmente ho potuto vedere Agape davvero viva, animata dal gioco e delle risate dei bambini.

Penso che Agape sia fatta per questo: un luogo per dare spazio a bambini/e e adolescenti ma non solo, dove grandi e piccoli/e possono esprimersi, giocare e trovare se stessi/e lontani/e dalla scuola, dai genitori e da tutto ciò che, a volte, lega o vincola…
Per questo mi è piaciuto fare campolavoro durante questi campi: ho visto la vita, la felicità e tutte le emozioni, senza filtro e senza maschere, sui volti delle campiste e dei campisti. A volte li ho sentiti parlare: stavano già pianificando l’estate prossima, per rincontrarsi tutti e tutte ad Agape e non vedevano l’ora di tornare in questo posto magnifico! Ciò mi ha reso felice: mi sono sentita un piccolo pezzo del “puzzle” enorme di Agape e ho avuto la possibilità di modellare e allestire un po’ della loro estate col mio lavoro, sapendo che alla fine di ogni campo c’erano tanti e tante che sarebbero tornati/e molto felici a casa.

Laura Donadio

AGAPE BLU: Chi ben comincia è a metà dell’opera!

DSC00362Nel calderone di Agape ribollono sempre innumerevoli voci, idee, proposte, pensieri: ognuno e ognuna di noi vede tra le mura di questa straordinaria architettura in legno e pietra il potenziale per la realizzazione di un nuovo campo, di un sensazionale evento, di un interessante incontro o di un indispensabile progetto ai fini di un miglioramento e potenziamento del nostro amato centro. In questi termini ha preso il via l’anno scorso un progetto a nome “Agape blu”: un progetto per potenziare, valorizzare e ripensare le pratiche ecologiche nelle mansioni quotidiane del mantenimento del centro e di casa residenti.

La proposta iniziale era articolata e ambiziosa e prevedeva tre passaggi fondamentali. In principio era necessario prendere coscienza e conoscere praticamente quali fossero già le scelte ecologiche che Agape ha fatto e comunicarle agli/lle ospiti del centro; in seguito capire in quali aspetti o settori Agape poteva adottare soluzioni ecologiche e trovare il modo per applicarle; infine portare la proposta al di fuori di Agape, nel territorio vicino, esponendola ad altre strutture ricettive, nel tentativo di creare una rete di “soggetti ecologici” che si presentasse ai fruitori esterni proprio valorizzando gli aspetti dell’ecologia e della sostenibilità, nell’ottica di una sorta di autocertificazione alternativa.

Ad Agape più che altrove vale il detto “tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare”: per avviare un lavoro di gruppo è necessario condividerlo con chi di Agape si occupa in via ufficiale e con chi Agape la vive tutti i giorni, ma soprattutto è necessario trovare le persone che di quel progetto si interessino, ne vogliano fare parte, che abbiano tempo e fantasia per svilupparlo e realizzarlo. L’idea di rendere Agape una struttura di accoglienza più ecologica e il più sostenibile possibile, andando a lavorare sugli aspetti più quotidiani della vita del centro, ha acceso gli entusiasmi soprattutto del gruppo residente 2012-2013 ma non solo, e alcune piccole grandi cose sono state fatte.

Chi di voi è passatodalle nostre parti durante l’estate avrà sicuramente notato la novità più rivoluzionaria e più evidente: i tovaglioli di stoffa! Dopo aver con cura ritagliato e cucito portatovaglioli in vari colori (un grazie gigante a Marinella!), ad Agape ci si è potuti portare il tovagliolo da casa; riporlo a ogni fine pasto nei suddetti portatovaglioli forniti dal centro e, a fine settimana, rimettere il tovagliolo insieme con le altre cose nella propria valigia. Ma non finisce qui: abbiamo sostituito la carta con la stoffa anche per quanto riguarda i sacchetti del pic-nic: ora i campisti e le campiste ricevono deliziosi sacchetti rosa o a fiori contenenti le scorte per la gita in montagna. Altre grosse novità hanno riguardato la cucina e il bar, settori in cui, nell’ambito della ricerca di nuovi prodotti, si è deciso di fare scelte importanti: per tutta l’estate ai campi sono stati serviti chili e chili di pasta biologica e al bar sono comparsi gelati, succhi e qualche snack di produzioni piemontesi, senza dimenticare il piccolo angolo espositivo per sponsorizzare gli assorbenti lavabili e la coppetta mestruale.
Sono sempre più numerosi in tutta la struttura i bidoni per la raccolta differenziata, anche fuori da tutte le casette e nelle presentazioni dei campi si è deciso non solo di valorizzare queste nuove abitudini, ma di ricordare anche quelle già in uso: poca carne nei menù settimanali, ricerca di prodotti stagionali e locali e raccolta differenziata con i resti alimentari separati destinati alle stalle di Prali.

Tutto questo lavoro rende solo la metà senza la giusta informazione a tutti e tutte coloro che visitano il nostro centro, non solo durante l’estate: il campo cadetti/e di luglio ha messo a disposizione di Agape la propria fantasia e le proprie abilità di marketing e design per creare, durante l’attività di presentazione di Agape, dei pannelli informativi che mettano in rilievo tutte le pratiche ecologiche di ogni settore: dall’attenzione ai dosaggi di ogni prodotto delle pulizie alla presenza di prodotti equo e solidali al bar, dall’attenzione nell’accensione e nello spegnimento di ogni macchinario della cucina o del servizio all’utilizzo di carta di recupero in ufficio. Insomma, adesso anche gli ospiti o le campiste più distratte avranno più di una occasione per informarsi.
La nuova attenzione a questi temi è stata accolta anche dai cadetti e dalle cadette di fine giugno che, con un partecipato laboratorio sullo spreco alimentare, hanno proposto ad Agape alcuni stratagemmi utili per riutilizzare il cibo avanzato o per promuovere prodotti del bar a rischio scadenza. Il salone è stato invaso da volantini con spot ingegnosi ed efficaci: un esempio per tutti: “Taste the waste!”

Insomma, il progetto Agape blu è, in realtà, un percorso di consapevolezza, di presa di coscienza, ma anche di apprendimento che comincia da ognuno e ognuna di noi. Se un campolavorista sa come dosare il detersivo nell’acqua, se un ospite si ricorda di spegnere la luce quando esce dalla stanza, se un campista chiude l’acqua del rubinetto appena finisce di usarla, se una staffista tutte le volte che le è possibile usa la raccolta differenziata, allora Agape blu funziona. Sponsorizzare e valorizzare queste pratiche è parte del lavoro del gruppo che concorre alla realizzazione del progetto.

Molto è, dunque, il lavoro che è stato fatto, ma molto può essere ancora fatto. Siamo appena all’inizio e quest’autunno ha già visto una prima riunione del rinnovato gruppo per Agape blu, che ha tracciato le linee del nuovo lavoro alla ricerca di percorsi di rigenerazione, proponendosi ricerca, potenziamento della comunicazione, spunti di agricoltura e la redazione di un’analisi ambientale. Naturalmente tutte le collaborazioni sono ben accette e gradite, per essere messi in contatto col gruppo di lavoro è sufficiente scrivere all’ufficio di Agape.

 

ALLA LUCE DEI FATTI – Uno sguardo sull’estate 2013

Si sono ormai aperte le iscrizioni per i campi estivi 2014, vi proponiamo, quindi, una bella panoramica di quelli del 2013, per stuzzicare i curiosi, per aiutare le indecise e per tutti quelli/e che hanno voglia di scoprire quello che succede nei tre mesi più incredibili della vita del centro!

Foto di Dominika Kukuryté
Foto di Dominyka Kukurytè

Adesso vi raccontiamo un fatto: a Tullio Vinay piaceva pensare che Agape fosse un luogo simile a una piazza, un crocevia; a noi piace aggiungere che questo luogo è complesso e aperto alle novità, alle proposte, alle discussioni su “come fare cosa, quando, con chi e perché”. Negli anni, questo luogo ha avuto una propria evoluzione di istanze e modalità, nelle possibilità e nelle regole, perché vive dell’incontro fra persone che ne animano l’esistenza: campolavoro, residenza, staff, persone che frequentano i campi, che tengono laboratori, che fanno traduzioni, visite, che costituiscono i comitati e gente che va e viene, senza dimenticare imprevisti o “fuori programma”. Ecco la ricetta dell’estate agapina, prodotto di tutte queste relazioni, periodo in cui tutti questi rapporti si intensificano, prendono forma in progetti personali e comuni, si aprono alla loro piena realizzazione, dopo essere stati discussi e pianificati. Ed ecco una carrellata dei campi dell’ultimo anno, una mappa – parola che ad Agape piace molto – “on the rocks” , come a dire a freddo e in picchiata dall’alto. Ma prima di parlare dell’estate, facciamo un passo indietro…

Nel periodo di Pasqua il Campo Lesbico, dal titolo “Wrestling Lesbians”, ha riguardato i conflitti e le passioni tra donne. Il bel tempo ha permesso un corso di arrampicata sull’albero (si, solo uno!). Tra le attività svolte all’interno, c’è stata anche una sessione di yoga in salone e, per l’occasione, si è mantenuto il più assoluto silenzio, cosa che capita così raramente ad Agape… Il campo è stato un successone, continuate così!

L’estate si è aperta col campo Precadetti/e 2 (III, IV, V elementare), che ha navigato tra favole e storie per comprendere meglio la lotta tra i buoni e i cattivi: chi sono? Sono veramente quello che sembrano? Chissà se lo sapremo mai…

Il Cadetti/e 1 (scuole superiori) ha provato sulla propria pelle gli effetti della crisi, munendosi di tessera annonaria, in fila per ottenere…un fantastico piatto di patate e verdure lesse: è incredibile come, alla fine del pasto, siano rimasti avanzi nei pentoloni!

Il Cadetti/e 2 ha avuto come titolo “Guarda dietro l’angolo”: le reti e i marchingegni digitali sono entrati nella vita comune solo da pochi anni, oggi le distanze tra i luoghi sembrano realmente accorciate grazie alle tecnologie e tutto – o quasi – pare a portata di mouse (o touch screen). E vai col gioco di schieramento: cos’è realmente vicino e cosa realmente lontano?

Il campo Genitori & Figli/e è riuscito a trasformare delle patetiche calze, dotate di buchi così vistosi che parevano impossibili da rammendare, in fantastici animali e personaggi colorati, grazie all’uso di bottoni, tappi, filo e non ultima tanta fantasia! Il campo ha tratto ispirazione dall’inesauribile patrimonio delle favole, e non si è fatto mancare danze in cerchio e nottate al chiaro di musica…’sti genitori tirano fino a tardi eh…!

Il Campo Gay ha avuto il piacere di ospitare un evento che viene organizzato soltanto una volta ogni cinque anni. L’iniziativa serve a raccogliere fondi per il centro – e a divertirsi un mondo. Si ringraziano i partecipanti e si invitano i lettori a non preoccuparsi…E’ un’iniziativa più che benefica. Il campo, dal titolo “We have a dream”, ha scartabellato sogni, speranze e progetti per il futuro. Un campo, diremmo, intergenerazionale, che come al solito lascia la sua mitica e artistica impronta negli spazi di tutta Agape.

Ed eccoci qua, a metà estate: il gruppo residente si ricarica, il campolavoro pure, perché, occasione più unica che rara, c’è una fantastica ma brevissima pausa durante l’estate: tre giorni in cui non ci sono stati campi. Questo ha permesso ad Agape di respirare e allo stesso tempo lavorare, facendo qualche attività extra nel centro, con qualche momento di relax in più.

E siamo al Campo Donne, dal tema “Buone pratiche per una buona politica”, che si è occupato di autocoscienza e potere attraverso il tempo. Quest’anno il campo ha lanciato una nuova formula “prima e dopo la gita in montagna”, sempre più in alto, che, fissata a inizio campo, ha permesso a chi avesse ridotte risorse economiche, di raggiungere il campo due giorni dopo dell’inizio effettivo, per uno start ufficiale e meno “faticoso”.

Ed ecco arrivano i campi internazionali, momento sempre gradito ad Agape che, per vocazione e per nascita, viaggia sui binari delle diversità culturali, tessendo relazioni importanti con chi arriva da tanto lontano. Grande aiuto arriva dallo strepitoso hosting committee, che mette a disposizione testa e braccia affinché l’accoglienza ad Agape non venga mai meno.

Un vero terremoto si è scatenato con il Campo Politico Internazionale “Toward Eco-justice: Vision and Praxis”: già, perché è stata sperimentata (chiaramente con risultati non così efficaci) la simulazione di un terremoto durante il gioco di ruolo sul fracking. Il campo ha segnato l’arrivo di tante persone da angoli diversi del pianeta, e di salvaguardia e della giustizia per questa terra si è ampiamente discusso. Gli acrobati Nafsi hanno portato tanta energia, grazie anche all’ormai consueto spettacolo dei loro talenti super dinamici per tutta la gente di Prali sulla piazza del paese, davanti al tempio.

Il Campo Teologico Internazionale “Chiesa del futuro – futuro della Chiesa” si è soffermato sui vecchi e nuovi luoghi del fare comunità, dell’essere chiesa. Ancora le presenze internazionali lo hanno caratterizzato e ne hanno definito la cifra, ma ci sembra che questo campo stia attraversando una fase di ricambio di partecipanti e di staff. Così speriamo possa ripartire alla grande la prossima estate con una staff rinnovata e super international!

Il Campo Campolavoro Internazionale, campo che ha visto una larga partecipazione e un crescente interesse, è un campo piuttosto “giovane” ad Agape e ha un approccio più sperimentale. Infatti, quest’anno ha indagato le gioie e i dolori dell’autorganizzazione, parola non così lontana da Agape stessa, e che ha generato molte discussioni, con punti di vista contrastanti, su ciò che rappresenta e consente, e sulle difficoltà di applicazione che comporta. Davvero un campo degno di nota: assemblee, divisioni dei lavori e dibattiti hanno messo in luce ciò che va ancora scandagliato e sviluppato dal punto di vista organizzativo e che potrebbe essere utile anche per il futuro del centro.

Il campo PreCadetti/e 3, “Il corpo sciolto”, ha permesso di affrontare l’arduo tema del corpo e di un corpo in trasformazione, vista l’età dei e delle partecipanti, con diversi strumenti, come laboratori, riflessioni argute e incontri: tra questi, quello con chi ha sperimentato su di sé cosa voglia dire essere di un genere sessuale ma avere la sensazione di appartenere a un altro; un incontro reso possibile dalla grossa riflessione che da anni Agape porta avanti sulla differenza di genere. Questo campo è sempre super affollato, ma confidiamo che Agape abbia già risolto l’estenuante problema delle noiose liste d’attesa!

Dominika Kukuryté
Foto di Dominyka Kukurytè

AAACE 2013? Sì eccola! Quest’anno ha avuto luogo il primo di settembre e ha visto una gran bella partecipazione. Il tema della responsabilità ad Agape ha avuto il proprio apice di discussione, visto che per tutto l’anno è stato oggetto di ampi dibattiti in tutte le sedi “agapine”. Ci auspichiamo un maggiore coinvolgimento del campolavoro e del gruppo residente ai lavori dell’assemblea, difficilmente realizzabile perché nel frattempo il centro non si ferma: organizzata in questo modo, l’assemblea non consente una reale possibilità di avere voce in capitolo da parte di questi due importanti “pezzi” di Agape… È solo una questione logistica e confidiamo si possa migliorare. Ringraziamo il consiglio AAACE uscente per l’ottimo lavoro svolto e auguriamo al prossimo di fare ancora meglio! Questa assemblea è un’imperdibile occasione per chi ha a cuore – e in tutto il resto – la vita di Agape.

“Uno per tutti/e o tutto per me?” Con gli stratagemmi più impensabili e i travestimenti più ingegnosi, ecco che la staff del Campo Precadetti/e 1 porta avanti la sfida più sfida di Agape: lasciare che le creature vadano lassù in montagna! Non avere paura di stare una settimana senza genitori, vedrai che avrai così tanto da fare e da divertirti che per un po’ non saranno nei tuoi pensieri! A parte gli scherzi come al solito la staff ha coinvolto i/le più giovani presenze agapine in giochi e indimenticabili giornate, comprese strepitose acrobazie! E questa volta lo ha fatto ragionando con loro su un tema che scivola sotto la crisi economica: quello del possesso… Viva il PC1!

Ebbene sì, alla fine dell’estate, dopo una bella festa finale con cena annessa, il gruppo residente si è (quasi) totalmente rinnovato… Facciamo un “in bocca al lupo” (e rispondiamo per loro “viva il lupo!”) a tutte le persone che hanno reso possibile Agape negli ultimi anni per un nuovo inizio… E allo stesso tempo auguriamo una fantastica residenza al nuovo gruppo! È stato bello, alla prossima!

 Manuela Lops e Daniele Falcinelli

Tre mesi di campolavoro ad Agape

Photo by Michele Comba
Photo by Michele Comba

 

Dal primo di giugno fino alla fine di settembre siamo stati ad Agape come Campolavoro. Siamo Simon dal Belgio, Sara dalla Germania e Eugenia dall’Uruguay. Nonostante background e motivazioni differenti, abbiamo condiviso e trascorso questi mesi convivendo e diventando buoni amici, supportandoci all’interno della splendida ma un po’ complicata vita comunitaria di Agape. In questi tre mesi abbiamo lavorato, abbiamo stretto amicizie e le abbiamo viste partire, abbiamo fatto feste, gite in montagna, un sacco di scherzi, giochi, notti passate a guardare le stelle (il cielo stellato sopra Agape è meraviglioso), sudoku, caffè, danze, canzoni. C’era sempre la musica; dovunque qualcuno con cui passare un po’ di tempo; le montagne attorno, rendendo ogni singolo momento stupefacente.

Abbiamo avuto una parte di responsabilità nel lavoro di Agape, ovvero pulire, fare il servizio, fare caffè al bar e anche la manutenzione. Lavorare come responsabile di un settore è molto più arricchente che farlo come un campolavorista fra gli altri: era per noi un incentivo ad arrivare in orario e a metterci dell’impegno, così il lavoro aveva più senso! Avevamo modo, così, di stabilire un maggiore contatto con i campisti e le campiste, fossero adolescenti o persone adulte: questo era possibile soprattutto lavorando in Servizio, che consiste nel preparare la tavola prima dei pasti e lavare le stoviglie. Siccome ogni giorno un gruppo diverso di campisti e campiste aiuta il campolavoro in questo settore, è stato molto divertente conoscere tutte queste persone anche attraverso il lavoro comune: in più è stato divertente coordinare una settimana un gruppo di adolescenti e la successiva “ciurma di lavaggio” di adulti. Quasi tutte le settimane c’era una serata di giochi per conoscersi a vicenda o per parlare di alcuni argomenti o per condividere opinioni personali.

Abbiamo avuto la possibilità di seguire dei campi: Simon ha partecipato al Campo Gay, che è stato meravigliosamente diverso da quello che si aspettava: alla fine di ogni giornata, per esempio, c’era un piccolo momento spirituale, che egli ricorderà per tutta la vita. Eugenia ha seguito il Campo Politico e Sara il Campo Teologico. Possiamo davvero dire di aver trovato, in qualche modo, ciò che cercavamo. Per Simon, che era già stato ad Agape in inverno e a Pasqua, quest’estate è stata come voltare pagina e trascorrere un po’ più di tempo con i residenti con cui ha stretto una bella amicizia. E siccome ognuno è sempre un po’ in cerca di se stesso/a, alcuni di noi hanno ritrovato loro stessi/e qui ad Agape, nel modo in cui volevano profondamente, una strada difficile con una bellissima destinazione.

Ora che inizia l’autunno, con un po’ di distanza possiamo dire che ne sia valsa la pena. Quest’esperienza ci ha insegnato un sacco di cose, anche su noi stessi/e: ne siamo usciti/e più forti. Quindi se qualcuno sta pensando di fare campolavoro per tutta l’estate, rispondiamo “fallo, è fantastico!”

Simon Geeraert (Belgio), Eugenia Benech (Uruguay), Sara Richter (Germania)

Tradotto dalla redazione di Agape Immaginaria.

A casa lontano da casa

 

In vista dei preparativi per l’estate agapina, pubblichiamo l’articolo di una ragazza che ha partecipato ai campi internazionali dell’estate 2012 grazie al progetto scholarship di Agape.

Photo by Michele Comba
Photo by Michele Comba

Sono membro del Freedom and Roam in Uganda e sono venuta come rappresentante della mia organizzazione ai campi di quest’anno di Agape Centro Ecumenico.

Devo dire che mi è piaciuto il soggiorno ad Agape. Il mio più grande problema è stato al giorno d’arrivo: spero solo che migliori indicazioni possano essere date a chi dovesse partecipare ai campi, soprattutto se dovesse essere la prima volta che vengono invitati ad Agape. Ma mettendo questo da parte, mi è piaciuta la diversità tra i partecipanti ai campi. Avere così tante persone provenienti da diverse nazioni è stato molto significativo. Mi ha dato differenti punti di vista da tutto il mondo. E anche se potrei offendere qualcuno, mi aspettavo di rimanere un po’ in disparte, un po’ a causa del colore della mia pelle, un po’ a causa della mia identità sessuale. Sono invece rimasta sorpresa. Mi ci sono voluti appena un paio di giorni per ambientarmi. Mentirei se non dicessi che avevo nostalgia di casa, ma dopo aver fatto amicizia, mi sentivo a casa lontano da casa. Mi ricordo in particolare la gita in montagna. Avevo giurato che non sarei andata, ma per fortuna ho ceduto alla grande insistenza di qualcuno che non voglio nominare. E’ stata una sfida arrivare in cima, ma per qualche ragione tutti hanno cominciato semplicemente a far coppia e sono salita fino in cima con gente stupenda. C’era il problema della barriera linguistica e delle differenze di età e cultura, ma tutti hanno provato a capire me e io loro; devo ammettere che ho incontrato persone stupende e posso onestamente dire che ho creato dei legami duraturi.

Non sono una persona molto religiosa e mi ero prevenuta nella mia mente e nel mio ordine di pensiero rispetto a tutto quello che sarebbe avvenuto durante il campo. Ma il programma era strutturato in maniera tale che anche io ho potuto imparare qualcosa. Al posto di lezioni sulla Bibbia, c’erano discussioni intellettuali che mi hanno permesso di aprire la mia mente ai punti di vista di persone sia religiose sia non così tanto religiose che hanno partecipato ai campi. Si è discusso anche di misticismo e di essere attenti a tutte le cose e tutte le persone che ci stanno intorno, in modo da non essere concentrati solo su se stessi.

Da Agape vado via con la capacità non di criticare ma piuttosto di rispettare e analizzare. Il lavoro anche è stato divertente, non appena ho trovato quello che faceva per me. Ogni volta che ci si fermava per caffè e sigarette durante le pause avevo la possibilità di interagire con più persone. Il campolavoro mi ha insegnato il valore della disciplina: difficile o facile che sia, il lavoro va fatto. Ed anche se qualcun altro può averlo già fatto (al posto tuo), lo scopo principale rimane quello di apprezzare il valore del lavoro duro e anche dello spirito di squadra. E non dimentichiamoci del cibo. In qualche occasione proprio non mi piaceva probabilmente perché era straniero al mio palato o perché non era preparato come sono abituata, ma ho apprezzato lo sforzo che è stato fatto per cucinarlo. In più di un’occasione invece era delizioso, abbastanza da farmi avere sempre il sorriso in faccia e aver preso cinque chili. Mi ricordo della sera dedicata a barbecue. Me la ricorderò per sempre.

Alla fine ero triste di partire, ma ringrazio per la generosità, la comprensione, la pazienza e il tempo che ci sono voluti per accettarmi così come sono. Ho imparato molto dai campi tanto che sono tornata a casa e l’ho condiviso con gli amici e colleghi della mia organizzazione. Spero che anche loro possano dargli il valore che gli do io.

Grazie a tutti.

Janice Babirye Kirabo, tradotto dalla redazione