Vita di Agape tratto da una storia vera(mente) bella

Dopo aver vissuto due anni ad Agape ho pensato di scrivere questo articolo, cercando di rispondere alle frequenti domande poste sull’argomento “vita da residente”.
Stavo per iniziare a lavorare come pizzaiolo quando ho pensato che, prima di iniziare, avrei dovuto fare questa esperienza: quindi ho scritto subito la lettera, l’ho mandata ed è stata accettata: ho iniziato entusiasta!
Sta iniziando ora il mio terzo anno qui: è settembre ed è appena finita l’estate. Dopo aver lavorato incessantemente per tre mesi, è sicuramente un trauma vedere, da un giorno all’altro, Agape vuota: nell’aria si percepisce la malinconia, ma allo stesso tempo una contentezza grandissima, perché ho conosciuto persone provenienti da tutte le parti del mondo e visto andar via amici che non scorderò mai.
Adesso, dopo la partenza dei vecchi residenti e l’arrivo dei nuovi, ci dobbiamo preparare per l’arrivo dell’inverno che qui a Prali, oltre a essere molto freddo, è anche molto lungo: ci sono alcuni lavori da finire prima che arrivi il gelido inverno e la tanta neve. Abbiamo una riunione di una settimana per organizzare il lavoro e per far capire a tutti i nuovi residenti cosa faremo durante l’anno: scelta dei settori, scelta della staff per i campi, spiegazione delle norme antincendio in caso di necessità e dei lavori per casa residenti…
Non manca, però, il divertimento: facciamo un sacco di cose in gruppo e andiamo a sciare, visto che qui la neve è tanta e possiamo stare sulle piste da ottobre/novembre fino a marzo/aprile.
Svegliarsi la mattina qui ad Agape è una delle cose che amo di più di questo posto: basta mettere un piede fuori di casa e ti ritrovi davanti a uno spettacolo ogni giorno diverso e sempre più bello che non smette mai di emozionarti.

È facile pensare che qui, durante l’inverno, ci si annoi, ma non è affatto così: nei due anni che ho trascorso qui l’inverno è proprio volato, senza che io me ne accorgessi. Lo stesso discorso vale per la solitudine: è vero, a volte ci si sente soli, ma vi assicuro che dopo tre mesi di totale frenesia, un inverno trascorso in pochi non può che far bene. Non mancano i litigi e gli amori, le gioie e i dolori: sicuramente questa è un’esperienza che porterò con me per il resto della vita. Per questo, consiglio la residenza a tutti e tutte, almeno per due anni: questo perché durante il primo ti abitui alla vita di Agape e il secondo lo assapori fino in fondo; e se non sei sazio, fai il terzo e, così, ne esci a pancia piena e con un bagaglio stracolmo di esperienze!

La consiglio per chi vuole fare un’esperienza comunitaria, per chi vuole imparare l’inglese o altre lingue semplicemente parlandole, per chi vuole fare un periodo di volontariato un po’ più lungo del solito e per tutte le persone che amano questo posto e vogliono supportarlo offrendo il proprio lavoro a tempo pieno.

Danilo “Lillo” Galloro

Quando un cadetto diventa maggiorenne

Foto di Dominyka Kukuryté
Foto di Dominyka Kukuryté

Agapini, agapine, vorrei raccontarvi la recente esperienza alla quale ho preso parte, il Campo Campolavoro, o Campo Capolavoro, come mi piace chiamarlo.
Dovreste sapere che, quest’anno, nel CCL il sottoscritto era senza ombra di dubbio il più giovane, fresco dei suoi diciotto anni (e anche il più ingenuo, ma questi sono dettagli).
Mi è stato chiesto di fare un piccolo report per Immaginaria in quanto, essendo passato direttamente dal Campo Cadetti all’esperienza del Campolavoro, sono rimasto molto colpito da una realtà che ancora non conoscevo, nonostante i miei dodici anni di assidua frequentazione di Agape.
Quello che posso dirvi, rivolgendomi soprattutto ai cadetti e alle cadette che leggeranno questo numero, è che non c’è percorso più naturale e piacevole, all’interno della vita ad Agape, di quello campista-campolavorista. In parole povere, quest’esperienza mi ha profondamente cambiato, in particolare (ovviamente) nel modo in cui ho sempre visto Agape come centro ecumenico: passare dall’essere campista, cioè “utente” di Agape, all’essere un volontario, una di quelle persone che ad Agape hanno donato la propria voglia di fare, le proprie forze e le proprie passioni, come Agape ha donato loro la possibilità di conoscersi, di imparare e di collaborare, è stata una delle decisioni più naturali che io abbia mai preso.

Non conoscendo ancora nulla di questa faccia del mondo della nostra amata “borgata” – e senza la sicurezza di poter incontrare volti più noti che ignoti, come poteva avvenire durante i Campi Cadetti – ho deciso di iscrivermi al CCL e poi di trattenermi un’altra settimana nei dintorni di Ghigo di Prali per fare qualcosa della mia estate altrimenti priva di impegni.
Il tema del CCL di quest’anno era l’auto-organizzazione, una parola di cui chiunque conosce il significato ma della quale non tutti/e comprendono l’applicazione. Come a ogni campo, la staff ci ha accompagnato in questi sei giorni indirizzando le nostre attività e coordinandoci nei momenti di lavoro, così da poter avere sessanta efficientissimi/e campolavoristi/e in grado di aiutare la struttura dove più ce n’era bisogno.
Come a ogni campo, le attività di dibattito e confronto non sono mancate, tant’è che molti non riuscivano più a distinguere la fatica dovuta al lavoro manuale da quella dovuta al “troppo sforzare” le menti… ma quello che voglio raccontarvi non è solo questo. Vorrei raccontarvi di come, appena arrivato, senza neanche il tempo di rendermene conto, ho incominciato a riconoscere i volti di quelle persone che ad Agape ci sono sempre state, anche quando per me esistevano ancora i “luoghi proibiti” e la terza casetta era solo un miraggio.
Vorrei raccontarvi di come, dopo solo qualche giorno, l’autorganizzazione alla quale si aspirava era praticamente andata a farsi benedire, ma anche di come l’abbiamo recuperata con fare da maestri/e. Vorrei raccontarvi di come ho conosciuto qualche angolo di mondo per me troppo lontano spostandomi da casa mia soltanto con un’ora e mezza in macchina. Vorrei raccontarvi di come, anche se tutte persone adulte, un paio di regole qua e là fanno sempre bene, e di come infrangerle ti faccia sentire in colpa tanto quanto durante un campo cadetti/e. Vorrei raccontarvi di quante cose sono riuscito a rompere e di quante poche sono riuscito ad aggiustare, ma nonostante tutto, vorrei che qualcuno vi raccontasse di come il mio essere un poco incapace mi sia stato perdonato. Ma, se vi raccontassi tutto, potrei rovinarvi la sorpresa che troverete la prossima volta che verrete a vedere coi vostri occhi quello che capita al CCL.

Quindi, spero che questo piccolo report abbia funzionato da “aperitivo”, e che abbia stuzzicato la vostra “fame” e la vostra voglia di venire a scoprire che cosa vuol dire diventare parte del cuore pulsante di Agape, senza troppe pretese e con tanta voglia di fare e scoprire, perché da fare ce n’è – sempre e comunque – e da scoprire ancora di più.
Un consiglio? L’inglese maccheronico è il miglior modo per attaccare bottone.

Davide Mancini

Fare campolavoro accanto ai bambini

Per l’inizio del nuovo anno vi regaliamo un articolo uscito sull’ultimo numero di Agape Immaginaria in cui Laura, giovane campolavorista, racconta la sua esperienza di lavoro durante i campi per bambini.

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Foto di Michele Comba

Sono arrivata ad Agape una settimana prima dell’inizio dei campi dell’estate. Era la mia prima esperienza estiva lassù e, venendo da Torino, mi rilassava tanto: le montagne, l’aria pulita, il panorama e soprattutto la tranquillità e il silenzio; tutto ciò che si sentiva erano gli uccelli, le mucche e il vento. Poi, dopo una settimana, questo silenzio è finito: sono arrivati i bambini del campo Precadetti/e 2. Pensavo che loro e il rumore che facevano mi avrebbero spaventata ma invece no: finalmente ho potuto vedere Agape davvero viva, animata dal gioco e delle risate dei bambini.

Penso che Agape sia fatta per questo: un luogo per dare spazio a bambini/e e adolescenti ma non solo, dove grandi e piccoli/e possono esprimersi, giocare e trovare se stessi/e lontani/e dalla scuola, dai genitori e da tutto ciò che, a volte, lega o vincola…
Per questo mi è piaciuto fare campolavoro durante questi campi: ho visto la vita, la felicità e tutte le emozioni, senza filtro e senza maschere, sui volti delle campiste e dei campisti. A volte li ho sentiti parlare: stavano già pianificando l’estate prossima, per rincontrarsi tutti e tutte ad Agape e non vedevano l’ora di tornare in questo posto magnifico! Ciò mi ha reso felice: mi sono sentita un piccolo pezzo del “puzzle” enorme di Agape e ho avuto la possibilità di modellare e allestire un po’ della loro estate col mio lavoro, sapendo che alla fine di ogni campo c’erano tanti e tante che sarebbero tornati/e molto felici a casa.

Laura Donadio

La vita ad Agape

Pubblichiamo un articolo uscito sull’ultimo numero di Agape Immaginaria in cui Charlotte, diciannovenne tedesca, racconta la sua esperienza di un anno di residenza.

Foto di Dominyka Kukuryté
Foto di Dominyka Kukuryté

Ogni volta che ho provato a racontare ai miei amici e alla mia famiglia in Germania il luogo dove sono stata l’anno scorso, é stato molto difficile. Certo, si puo spiegare Agape semplicemente cosi: un Centro Ecumenico, a 1600m d’altezza nelle montagne, circa 5 minuti a piedi da Prali e 1 ora e mezzo di viaggio in macchina, oppure 3 ore in pullman da Torino. Di solito si pulisce e si cucina e per il tempo libero ci sono solo gli altri Residenti, un supermercato, un pub, una pizzeria e un sacco di neve. Ovviamente tutti mi hanno fatto domande come: “Ma non é noiosissimo lá su, povera?” o “Non ti senti sola tutto il tempo?”. Chi conosce Agape guarderebbe i curiosi con irritazione e forse li considerebbe con poco riguardo, ma bisogna pur essere indulgenti con chi non sa. Nonostante l’iniziale descrizione sia corretta, non é al altezza della idea di Agape e della sua veritá.

Non si é mai veramente da soli, se non si vuole esserlo e cosi non é per niente noioso. C’é sempre qualcosa da fare, sopratutto quando c’è un campo e ogni metro quadrato vibra di musica, di voci, di passi delle persone, di vita. Si lavora in gruppi, si supera il tempo con musica e con le chiacchiere, ogni lavoro è molto piu divertente quando viene condiviso con una persona simpatica. Oltre a lavorare c’é sempre anche il tempo per giocare, per festeggiare e per parlare ancora di piu.

Nel tempo senza campi, la vita é molto piu tranquilla, ma non meno emozionante. Il gruppo Residente é da solo ad Agape, si impara a conoscersi, si cresce insieme, si trovano nuovi amici, una nuova famiglia, si fanno molte esperienze nuove ed intanto ci si diverte un sacco con feste in maschera spontanee, serate film e cena con tutti quanti.

Agape é molto di piu, è difficile da capire e da spiegare a parole. Anche adesso che sono già tornata in Germania e ho iniziato a studiare, è ancora difficile. Ha qualcosa di tutti quelli che ci sono passati, che non ti abbandona mai, che ti fa sognare Agape, egualmente con occhi chiusi o con occhi aperti, qualcosa che non si puo dimenticare mai.

La cosa speciale é ovviamente la magia particolare del luogo, le montagne meravigliose attorno ad Agape, a volte spigolose e aguzze, a volte delicatemente ondulate, da metà ottobre ricoperte di neve, da fine maggio quando lentamente riverdiscono, e sono cosi splendide che in un anno non sono riuscita ad abituarmi a questa bellezza. Poi naturalmente la struttura, il Salone che é il cuore di tutto, dove c’è la vita mentre ci sono i campi, le casette e la casa residenti, dove ho vissuto e che in modo particolare definirei come il mio “a casa”. Ma la cosa veramente speciale che caratterizza Agape, sono le persone che ho incontrato, l’affetto, il fatto che tutti, indifferentemente dalla nazionalitá o dalla sessualitá vengono acettati senza complicazioni nella comunità di Agape, domina un consenso comune, come meglio non si potrebbe desiderare per tutta la popolazione del mondo. Questo spirito speciale influenza tutti quelli che si avventurano sul terreno Agapino, strappa un sorriso sulle labbra di tutti e fornisce la dose necessaria di coraggio e di consapevolezza nei cuori di tutti per poter parlare con altri, per conoscersi, per farsi coinvolgere nei discorsi e inoltre per ritrovare e ridefinire di nuovo. É questa atmosfera che regna tra i grossi muri di pietra e pavimenti di legno cigolanti, che rende così difficile spiegare Agape. Probabilmente nessuno riesce a trovare le parole giuste, si deve vivere quest’esperienza in prima persona, per capire il fenomeno di Agape!

Charlotte Lorenz